Venezia 76, Mario Martone: “Riporto Eduardo nella Napoli di oggi”

Il regista in concorso con ‘Il Sindaco del Rione Sanità’ interpretato da Francesco Di Leva. “Barracano è la creatura di un grandissimo autore come succede con Shakespeare o Dostoevskij: bene e male si fondono”
Eduardo De Filippo trasportato nella Napoli del 2019, un boss di camorra che nel 1960 era un settantenne e oggi diventa un giovane capoquartiere, con moglie, figli adolescenti, una villa sotto il Vesuvio ma la stessa convinzione di fare il bene del popolo, di quelli che non hanno “santi in Paradiso”. Mario Martone torna in concorso alla Mostra del cinema di Venezia (un anno dopo Capri – Revolution) con Il sindaco del Rione Sanità, che sarà nelle sale per tre giorni, distribuito da Nexo Digital, il 30 settembre, 1 e 2 ottobre.

È la prima volta in cui Martone si misura con De Filippo “il progetto nasce conFrancesco Di Leva che è alla guida del gruppo teatrale Nest, Napoli Est Teatro che sentiva l’urgenza di interpretare Antonio Barracano anche se non ha nemmeno quarant’anni e il personaggio portato in scena da Eduardo era molto più anziano. Lo abbiamo innanzitutto portato a teatro in quell’avamposto culturale che è una palestra occupata di cento posti a San Giovanni a Teduccio, periferia di Napoli – ha raccontato Martone – Francesco ha ottenuto l’autorizzazione di Luca De Filippo a cui oggi va un ricordo commosso e affettuosissimo. Per me è stata occasione per affrontare Eduardo, che è qualcosa di difficile perché io sono un regista, non un capocomico. Noi conosciamo i testi ma anche i macrotesti, grazie alla riduzione televisiva tutti abbiamo nelle orecchie il suo fraseggio. Ci siamo chiesti come riproporlo oggi: era un’occasione unica per ribaltare i rapporti di età nel contesto della Napoli di oggi”.

“Mi interessava raccontare l’ironia del personaggio di Antonio Barracano – spiega Di Leva – perché è quello che ci frega nei nostri quartieri. Sembrano dei buoni ma non lo sono, c’è sempre qualcuno che ci rimette le penne. Con l’ironia si fanno amare dal popolo, si chiamano personaggi perché sono dei primi attori. C’è il detto antico ‘il popolo ti fa salire e il popolo ti fa scendere’, è il meccanismo del bar e questi personaggi sanno che stare dalla parte del popolo li salverà. Sono loro che li salveranno aprendogli la porta per scappare da un agguato o dalla polizia. Oltre all’ironia mi interessava raccontare anche la paura del sindaco. Basta con l’immagine dei criminali senza paura: tutti hanno il terrore di esser uccisi o di andare in galera, sono perdenti. O muoiono o sono in galera entro i 40 anni, ne ho visti tanti ragazzi che passano la vita al 41bis e non si pentono. Stiamo parlando della paranza dei bambini, delle baby gang perché il trentottenne di oggi è il settantenne di Eduardo”.

Del passaggio dal teatro alla sala Martone dice: “Non mi era mai capitato prima, ma il Sindaco l’ho sempre voluto fare anche in forma cinematografica e l’ho immaginato esattamente così come lo avete visto. Ci siamo buttati in quattro settimane. Volevo sia con lo spettacolo che con il film si mettesse un’attenzione speciale sulla scelta di responsabilità individuale. Conosco Eduardo per la sua attenzione al sociale, sono salito con lui su un palco all’inizio della mia carriera quando fu premiato per il suo lavoro nel carcere minorile di Poggioreale. Mi ha chiamato a una responsabilità individuale, come succede con il personaggio di Antonio Barracano”.

Martone non nega l’ambiguità di un personaggio che è un malvivente, convinto di fare la cosa giusta. “Barracano è la creatura di un grandissimo autore come succede con Shakespeare o Dostoevskij: bene e male si fondono. E l’ambiguità è affascinante, ma quello che è interessante è che risponde a una società civile che esiste e che deve esistere soprattutto di questi tempi”.

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