La recente morte della madre in un incidente, il ferimento del padre, l’inchiesta interna nata da un caso di sessismo: il co-fondatore del popolare servizio di trasporti fa un passo indietro e affida la compagnia ai suoi vice. E il board cerca un manager per limitarne i poteri
LOS ANGELES – “Per otto anni tutta la mia vita è stata concertata su Uber. Ma eventi recenti mi hanno fatto capire che le persone sono più importanti del lavoro e che io ho bisogno di più tempo per me”. Così Travis Kalanick, a capo di Uber, fa un passo indietro e affida la compagnia ai sui vice mentre il consiglio di amministrazione è in cerca di un Chief Operating Officer da affiancargli e che funzioni da contrappeso e da limite ai suoi poteri.
La recente morte della madre di Kalanick in un incidente, il ferimento del padre, l’inchiesta interna nata dal caso di sessismo ai danni di Susan Fowler, ex ingegnere nella compagnia di San Francisco che denunciò tutto nel suo blog il 19 febbraio di quest’anno, hanno convinto Kalanick a prendersi un periodo sabatico. “Potrà essere più breve o più lungo di quanto ci si aspetti”, scrive lui stesso in una mail pubblica. Il tempo di costruire un “Kalanick 2.0” capace di guidare “Uber 2.0”.
2. Travis Kalanick, il ‘marketing diabolico’ del cofondatore di Uber
L’indagine interna, commissionata allo studio legale Covington, ha portato al licenziamento di 20 dirigenti coinvolti nei casi di sessismo e arrivano in contemporanea alla mossa di Kalanick. Uber spera così di mettere la parola fine su un periodo disastroso dal punto di vista dell’immagine. Compagnia aggressiva che non si fermava davanti a nulla, men che mai leggi e regole come dimostra il caso di Grayball, la versione della sua app usata per depistare i poliziotti che indagavano sulle sue attività, negli ultimi mesi ha cominciato a cambiare direzione.
Molti figure di primo piano hanno gettato la spugna e lasciato l’azienda, Jeff Jones a capo del marketing è andato via sbattendo la porta, altri hanno cominciato ad avere un atteggiamento molto più conciliante, soprattutto in Europa. Tutto il contrario di Travis Kalanick che ad Uber aveva dato la sua impronta personale poco incline ai compromessi, per usare un eufemismo, incurante di norme e leggi.
“C’è molto di cui andare fieri ma anche molto che va migliorato”, si legge nella sua mail. Soprattutto la compagnia, che nella perenne espansione continua a perdere soldi, si prepara allo sbarco nel mercato azionario. Valutata circa 70 miliardi di dollari, ha davanti a se una fase cruciale che evidentemente l’azienda vuole affrontare mostrando un volto diverso. “Uber 2.0”, per usare le parole dello stesso Kalanick.