Per Giorgio Armani un anno a due facce: ricavi in calo, liquidità in crescita

Due sfilate Armani Privé durante le settimane dell’alta moda di Parigi; otto tra sfilate ed eventi dedicati alle collezioni Emporio e Giorgio Armani, metà per la donna, metà per l’uomo, tra i quali spicca uno show evento nell’aeroporto di Linate, che mai aveva ospitato la moda; mostre fotografiche all’Armani/ Silos; collaborazioni con attori e artisti di ogni genere musicale; aperture e rinnovi di negozi; un business dalle licenze (profumi, cosmetica, occhiali, orologi, gioielli e altro ancora) che quasi raddoppia i ricavi netti da abbigliamento e accessori.

I dati del bilancio 2018
Occorre sintetizzare così – perché l’elenco sarebbe molto più lungo – il 2018 del gruppo Armani, che ha chiuso l’anno con un fatturato netto di 2,109 miliardi, che arriva a 3,806 aggiungendo i ricavi indotti, inclusivi cioè delle licenze. A cambi costanti, il primo dato è calato dell’8%, il secondo è rimasto stabile; a cambi correnti, il 2018 fa registrare, rispettivamente, -10% e -3 per cento. Prima ancora di vedere le cause di questi cali, vanno citati i due indicatori che, invece, sono inforte crescita, entrambi di poco meno del 30%. Gli investimenti sono saliti a 106 milioni (+28% rispetto agli 82,5 milioni del 2017); le disponibilità liquide nette sono arrivate a 1,316 miliardi (+28,5%). Stabili il patrimonio netto del gruppo (2,064 miliardi) e l’utile netto (152 milioni).

La visione di lungo periodo
Giorgio Armani, presidente, amministratore delegato e direttore generale, dall’alto degli 85 anni appena compiuti e splendidamente portati, è saldamente alla guida del gruppo ed è proprio lo stilista-imprenditore ad aver deciso la razionalizzazione del portafoglio marchi che spiega l’andamento dei ricavi nel 2018. A inizio 2017 il gruppo aveva annunciato di volersi focalizzare solo sui marchi Giorgio Armani, Emporio Armani e A/X Armani Exchange (che nel giugno scorso è stato presentato, per la prima volta, al Pitti di Firenze). Su Emporio e A/X sono confluite le tradizionali linee “diffusione” (cioè distribuite soprattutto nel canale wholesale) Armani Collezioni e Armani Jeans. Decisione strategiche come queste hanno sempre un impatto sui ricavi nel breve periodo. Ma nel medio lungo si rivelano vincenti, perché implicano una riqualificazione della rete distributiva e del modello di business. Giorgio Armani è sempre stato un innovatore e un pioniere e non dovrebbe stupire se, forte tra l’altra di una liquidità netta in crescita del 30%, abbia deciso, per un anno, di vedere calare i ricavi.

Il primo semestre 2019
Da gennaio il ritmo al quale si muove il gruppo Armani è, se possibile, aumentato rispetto al 2018. Due le sfilate di alta moda già allestite con successo a Parigi; uno show speciale a Tokyo in maggio; sfilate Emporio e Giorgio Armani a Milano, dove lo stilista garantisce sempre, con il suo posizionamento nell’ultimo giorno del calendario, il sostegno alla settimana della moda, in perenne (sana) competizione con Parigi. E ancora: anniversari importanti, come i 10 anni di collaborazione con Rubelli per i tessuti, i 35 anni dal lancio del primo profumo, i 30 della cosmesilast but not least, le mostre all’Armani/Silos, l’inaugurazione a Milano dell’Emporio Caffé, 22esimo locale dell’impero food di Armani, e le annunciate sponsorizzazioni delle nazionali italiane che parteciperanno ai giochi olimpici e paraolimpici di Tokyo 2020.

Libertà e indipendenza
Molte delle scelte fatte da Giorgio Armani sono legate alla sua fiera indipendenza: non ha mai ceduto alle lusinghe di grandi gruppi, italiani o stranieri, o a quelle di investitori puramente finanziari. Si è aperto però a nuovi manager, come ha tenuto a sottolineare presentando il bilancio: «La rinnovata prima linea organizzativa, composta da due vice direttori generali, Giuseppe Marsocci per la parte commerciale e mercati e Daniele Ballestrazzi per la parte finance e operations, contribuirà direttamente all’implementazione del nostro percorso strategico».

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