Lush lascia (in parte) i social: un altro segno del gran ritorno del retail fisico?
stato fra i primi marchi di cosmetica a puntare sul naturale, a valorizzare la sostenibilità ambientale e sociale, lavorando con piccoli produttori locali, a proporre l’esperienza della prova del prodotto in negozio e la fine del packaging tradizionale, a sostenere i diritti delle persone Lgbt: Lush è stato fin dalla sua nascita nel 1995 un precursore dei tempi.
Oggi, una scelta strategica che suona ardita potrebbe essere un’innovazione pronta a essere, ancora un volta, d’ispirazione per altri marchi: Lush, infatti, con un post sul suo account Instagram principale, quello Uk, pochi giorni fa ha comunicato la sua intenzione di uscire dal social. «Stiamo spegnendo i social- si legge nel post -, i social media stanno rendendo sempre più difficile per noi parlare direttamente. Siamo stanchi di combattere con gli algoritmi, e non vogliamo pagare per apparire nella vostra newsfeed. Dunque abbiamo deciso che è tempo di dire addio ad alcuni dei nostri canali social e aprire invece la conversazione fra di noi. (…) Non vogliamo limitare il confronto a un posto solo, vogliamo che l’essere social torni nelle mani delle nostre community. Noi siamo una comunità e lo saremo sempre. Crediamo che possiamo fare più rumore usando tutte le vostre voci nel mondo, perché quando lo facciamo promuoviamo il cambiamento, sfidiamo le norme e creiamo una rivoluzione cosmetica. Vogliamo che essere social sia qualcosa che riguarda più le passioni e meno i like».
La parte finale del post è dedicata alla “pars costruens” della strategia: «Il nostro team di servizio clienti risponderà attivamente ai vostri commenti per tutta la prossima settimana, dopodiché potete parlarci via chat sul sito, e-mail o telefono. Questa non è la fine, è solo l’inizio di qualcosa di nuovo».
In un post successivo, l’alternativa è spiegata ancora meglio: «Potete conversare con il nostro staff (….), nei nostri negozi, ai nostri eventi, con il servizio clienti, sulle nostre piattaforme digitali (…). Diffondiamo passioni e smettiamo di fare la caccia ai like»
Ora, per abbandonare un account sul social più di successo del momento, specie per un marchio di cosmetica, dicendo addio a 572mila follower, bisogna essere o sventati o molto coraggiosi. Va detto, però, che Lush ha mantenuto l’account Lush North America, dove ha ben 4,4 milioni di follower, e al momento risultano attivi anche Facebook, Twitter nonché gli account dei principali negozi. Cosa significa allora questa scelta così dirompente ma in fin dei conti parziale? È un’esca lanciata per fare altri passi avanti o tornare su quelli già compiuti? O forse è un’interpretazione, ancora una volta d’avanguardia, di un cambiamento che sta inziando ad attraversare le generazioni di consumatori più giovani, quelle più attratte da Lush?
Uno store Lush, infatti, è popolato da clienti Millennials e della Gen Z, che trovano nell’impegno ecologico ed etico dell’azienda una risposta alla loro passione per la sostenibilità. Si tratta di nativi digitali, che però stanno anche vivendo un’evoluzione dell’approccio allo shopping, meno guidata solo dal digitale e più orientata all’omnichannel, dunque a un rinnovato dialogo con la dimensione “fisica” di un marchio e dei suoi canali di vendita. Peraltro, quando Lush scrive nel suo post «siamo stanchi di combattere con gli algoritmi», si fa interprete di una crescente presa di distanza dall’uso poco trasparente dei dati che i social a volte alimentano: su Facebook, per esempio, al centro di diverse inchieste proprio sulla gestione dei dati (e che controlla anche Instagram), il numero di nuovi iscritti delle fasce di età più giovane è in calo, come riporta eMarketer.
Dunque Lush è ancora una volta interprete e precursore dello Zeitgeist? Lo vedremo. Certamente, secondo alcuni analisti, la sua potrebbe essere stata una mossa troppo avanguardistica, che potrebbe danneggiare i fiorenti conti della società. Nell’anno fiscale chiuso il 30 giugno 2018, la società ha registrato vendite per 743 milioni di sterline, in aumento del 32%. Produce circa 41 milioni di prodotti ogni anno, di cui 13,3 sono le “Bath Bombs”, le bombe da bagno che sono il suo prodotto più popolare.