Cashmere iperleggero e idrorepellente, in grado di rendere un blazer non solo un capo chic, ma anche funzionale. Oppure un tessuto sintetico realizzato con fibre rigenerate, declinabile in una maglia sportiva, un costume da bagno o un outfit da passerella.
Sono innovazione e ricerca a spingere il tessile made in Italy, un settore che nel 2017 ha realizzato ricavi per circa 20,2 miliardi di euro e che continua a rappresentare la punta di diamante – soprattutto in termini di qualità e ricerca – del tessile mondiale. Grazie, soprattutto, a una galassia complessa, fatta di aziende storiche e spesso di dimensioni medio-piccole che lavorano in modo sinergico per rimanere competitive e di gruppi, anch’essi storici, che custodiscono tutti “gli anelli” della catena produttiva al proprio interno, investendo in tecnologia per non lasciarsi cogliere impreparati dal futuro.
I Paesi Ue trainano i conti
Il 2018 del tessile moda si è aperto all’insegna di un doppio andamento: la produzione industriale per l’industria tessile nel suo complesso, secondo l’Istat, da gennaio ad agosto ha registrato un calo del -1,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Analizzando il settore in modo più approfondito, invece, si evidenzia la crescita di tessitura e nobilitazione: «Sul dato medio del tessile – fanno sapere da Sistema moda italia – incide soprattutto il decremento dell’aggregato “altre industrie tessili”; una lieve flessione si evidenzia anche per la filatura (-1,3%). Di contro, i settori tessitura e nobilitazione registrano rispettivamente +3,2% e +1,4 per cento».
Continuano a crescere, seppure con tassi poco superiori all’1%, le esportazioni che assorbono circa la metà del fatturato del tessile: se a fine 2017 era stato rilevato un incremento dell’export dell’1,7%, a quasi 10,2 miliardi di euro, nei primi sei mesi del 2018 le esportazioni del comparto tessile hanno superato i 5,3 miliardi di euro, in salita dell’1,2% e con un saldo commerciale positivo per 117 milioni di euro, a 1,7 miliardi. A guidare la crescita (+1,6%), contrariamente a quanto accaduto l’anno scorso, nel primo semestre 2018 i mercati Ue, che assorbono oltre il 60% dell’export con la Repubblica Ceca (+14,4%) e la Polonia (+6,1%) e la Germania, primo mercato a +3,2 per cento. Negativi, invece, Usa (-11,5%) e Cina (-3,5%).
Il focus sostenibilità
Tra i punti di forza del tessile made in Italy c’è l’attenzione sempre più marcata alla sostenibilità, un tema decisivo per il futuro della moda in generale, la seconda industria più inquinante al mondo, che verrà affrontato durante l’edizione 2018 della Textile Exchange’s Sustainability Conference che si terrà da lunedì 22 a mercoledi 24 ottobre a Milano.
La filiera italiana ha avuto il merito, specialmente negli ultimi anni, di impegnarsi nella riduzione dell’impatto ambientale e nell’introduzione di nuovi metodi di lavorazione meno inquinanti anche a monte della filiera. «Dobbiamo far ragionare la filiera sul riconoscimento dell’importanza del valore aggiunto di un prodotto semilavorato» ha detto il presidente di Confindustria Moda in occasione del Milano Global Fashion Summit, sottolineando come debba essere riconosciuto un pezzomaggiorato al tessuto sostenibile poiché frutto di procedimenti e lavorazioni innovative. L’industria italiana, complice l’impegno delle istituzioni (come Camera nazionale della moda, Federchimica, Confindustria moda) si sta già impegnando per un futuro più sostenibile lavorando sia sulle sostanze chimiche dannose – e sui potenziali sostituti per quelle che, come il cromo, non possono essere abbandonate completamente – sia sulle lavorazioni, come le tinture e i lavaggi. L’obiettivo è quello di fare della sostenibilità uno dei caratteri distintivi del tessile-moda italiano, facendone un argomento di dialogo con un consumatore internazionale del lusso sempre più attento all’impatto di ciò che acquista.
fonte_https://argomenti.ilsole24ore.com/marta-casadei.html