Il tanto rumore intorno all’importanza dell’e-commerce fa dimenticare che anche questo canale, per quanto in espansione, ha i suoi limiti. E come spesso accade, c’è anche chi riesce a crescere proprio cavalcando, con consapevolezza e intelligenza, il rifiuto del trend dominante. Se è vero che l’ecommerce è in crescita esponenziale, si tratta ancora di una frazione sul totale degli acquisti. Secondo uno studio di Bain Luxury, solo l’8% degli acquisti viene fatto online;entro il 2025, dovrebbe raggiungere il 25%. Un incremento significativo, ma la maggior parte degli acquisti verrà comunque fatta nei negozi fisici. I motivi sono tanti, e il bilanciamento tra online e offline richiede di per sè un’analisi accurata, ma di certo un ruolo chiave lo hanno i costi e le difficoltà legate all’e-commerce: i costi di spedizione e di fotografare i prodotti e il ruolo predominante del marketing.
Amazon sta gradualmente abituando i consumatori di tutto il mondo a non pagare per i costi di spedizione; si tratta di una nuova realtà a cui tutti si devono abituare, anche chi non compete direttamente con Amazon. Il colosso di Seattle, volente o nolente, crea di fatto i nuovi standard in quanto a e-commerce (si pensi al colore verde del bottone “acquista”, o all’icona del carrello): se i consumatori online si abituano, grazie a Amazon, all’idea di non pagare la spedizione, si aspetteranno lo stesso servizio anche da chi non compete direttamente con il gigante online, come i brand di lusso che vendono online per esempio. E allora non rimane che cercare di minimizzare al massimo questi costi e sfidare i vettori di trasporto principali a suggerire soluzioni innovative.
Anche il costo della fotografia è esploso negli ultimi anni, parallelamente allo sviluppo dell’e-commerce. Se si vuole veramente incentivare il consumatore a comprare online e si vuole offrire un’esperienza simile a quella dei negozi, le foto del prodotto hanno un ruolo chiave. E di nuovo, i maestri dell’eccellenza online dettano i nuovi standard: dal numero di “pose” per ogni prodotto alla risoluzione, dal tipo di modella usata ai video a 360 gradi.
Il marketing online è di gran lunga molto più competitivo di quello necessario a un brand basato solo sui negozi fisici. E il motivo sta proprio nella funzione di marketing che hanno i negozi (si pensi a brands come Zara, che non investono in pubblicità tradizionale nelle strade o nelle riviste proprio perchè focalizzati sul ruolo di rappresentanza che hanno i negozi). L’e-commerce, tuttavia, ha necessità di una spinta (e quindi di un investimento) maggiore per la sua ubiquità e perchè, di fatto, non si capita facilmente su un sito per caso, ma ci si deve essere indirizzati.
Tutte queste complicazioni rendono l’e-commerce meno appetibile di quanto si pensi. La maggior parte dei brand preferisce comunque quanto visto alle croniche difficoltà dei negozi fisici; tuttavia, ci sono aziende che scommettono ancora molto sull’offline e continuano a investire ingenti risorse nei loro negozi. Si pensi al colosso irlandese Primark, il cui business online è minimo rispetto a quello offline, o al grande magazzino americano TJ Max, il cui e-commerce ha contato per meno dell’1% del fatturato totale di 31 miliardi di dollari nel 2016.
Primark e TJ Max hanno capito che esiste ancora un consumatore alla ricerca spasmodica dell’occasione, dell’offerta inaspettata, e che è più facile garantire a questo consumatore il fattore sorpresa se lo si convince a visitare il negozio:nel negozio, infatti, c’è un contesto in cui non è l’acquirente a spostare il mouse decidendo cosa e dove comprare, ma è l’assortimento a prevalere e a direzionare le decisioni di acquisto. Per non parlare della facilità con cui si può fare il cosidetto “cross-selling”, cioè vendere qualcosa in aggiunta a ciò per cui si è originariamente venuti al negozio.
Finanto che ci saranno aziende in grado di far provare al consumatore questo effetto sopresa ogni volta che va al negozio e soprattutto, questa sensazione di aver fatto un affare irripetibile, i negozi daranno del filo da torcere ai puristi dell’e-commerce che, forse troppo presto, hanno reso gli estremi onori all’offline.