Intervista all’attore italiano David Montesi: Tra mille personaggi io un solo demone

È della cultura odierna alterare il senso vero della realtà che ci riguarda e ci rappresenta.

A questa lettura purtroppo non sfugge il mondo del Teatro oggi bistrattato perché non considerato nelle sue molteplici variegature. Per comprendere il Teatro bisognerebbe con lo sguardo tuffarsi all’interno delle cose e perdersi nel buio che lo governa per rintracciarne la luce. Il Teatro é quindi il ribaltamento dell’indirizzo verso cui guarda la società odierna. È il percorso inverso che dall’effimero tende alla verità attraversando gli strati dell’individuo che lo segue. Oggi sembra anacronistico soffermarsi sull’importanza del Teatro e non solo a seguito della volgarizzazione e banalizzazione di costume che ci riguarda tutti, ma anche per il grave affronto perpetrato dalle misure restrittive a causa dell’epidemia da Covid non ben calibrate. Credo che mai come in questo momento storico il Teatro potrebbe essere quel contenitore di salvezza, l’arca che oscilla tra i flutti in tempesta di una umanità allo sbando, tesa a portare in salvo i germi per una società rinnovata dalle tenebre. Questa realtà agisce in favore di un mondo ibrido che sta lasciando andare le spoglie della sua atavica deità per abbracciare la forte seduzione di una prospettiva disumana, rappresentata dalla futura era della robotizzazione.

 

L’attore oggi è una fiaccola nell’oscurità bersagliata da diversi pericoli che giungono da tutto ciò che nella sua contingenza lo estranea dalla sua missione di fondo che è proprio ricondurre alla verità. Prevale nel mondo attoriale e di chi lo gestisce la distrazione dall’agente primario o anima primordiale del teatro, per cui quando incontriamo una persona capace di far vibrare ad alte frequenze il significato pieno del ruolo dell’attore e del Teatro, siamo colti da un’ineffabile emozione. È questo il caso di David Montesi in grado di splendere di luce propria in un universo di specchi riflettenti. Marchigiano di nascita, segno zodiacale Scorpione, si fa portavoce di quei principi e valori alla base della dignità umana, che lui rispecchia coerentemente con la propria persona. Attore ma anche presentatore, ha recitato in films e serie televisive come Nero a metà e Il Paradiso delle signore 2 e 3 e ha condotto al fianco di Gianni Ippoliti la trasmissione su RAI 1 Italia sì.

David, lei che è dotato di una spiccata sensibilità che lo porta a guardare al di la’ del fuggevole presente, come vede questo particolare momento storico?

“È un momento che richiede un forte apporto di energia spirituale che non può lasciare indifferenti. Chi opera nel mio campo avverte la particolare responsabilità di donarsi agli altri per accrescere il potenziale qualitativo umano che questo momento richiede, e così facendo contribuire a crescere in sintonia con i propri simili.”

Lei è una persona felina per compostezza ed eleganza. Mai invadente, sa quando intervenire e sempre con passo felpato. Che rapporto ha con gli animali?

“Mi piacciono molto. Dei gatti riconosco la qualità medianica.”

Che in un certo senso possiede anche lei.

“Sono nato nel 1973 ed ero un bambino indaco. Ho avuto da subito percezioni ed esperienze spirituali che non riguardano tutti. Ricordo una sera del 1980. Io dormivo e i miei genitori guardavano fuori, richiamati da qualcosa. Io mi sono svegliato e li ho raggiunti. Una sfera rossa nel cielo spargeva il suo bagliore intorno. Poi all’improvviso accelerando, è sparita. Riflettendo sull’episodio a distanza di anni ho percepito che quell’incontro volesse suggerirmi qualcosa e che quell’ufo fosse venuto a trovarmi.”

Il grande cambiamento in lei e’ avvenuto nel ‘92. Ci racconta la circostanza?

“Sì, nella sera tra il 5 e il 6 settembre di quell’anno ebbi un brutto incidente. Ero uscito con gli amici. Poi, mentre rientravo alla guida della mia macchina, ebbi un colpo di sonno che mi fece sbandare e finire contro una pianta. Quando mi ripresi ebbi la percezione che i miei sensi si fossero amplificati. Io sono sempre stato attratto dall’arte e da bambino disegnavo. Dopo l’incidente, iniziai a suonare la chitarra e fondai un gruppo di rock pop abbastanza apprezzato che ebbe una proposta d’incisione da una casa discografica belga, non andata a buon fine perché il gruppo si sciolse nel 1998.”

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Davide, lei si considera un ricercatore della Verità.

Sono un curioso della vita. Già da bambino mi ponevo quesiti sull’uomo. Per questo ho sviluppato una marcata attenzione verso l’essere umano, che si traduce nella capacità di entrare in relazione anche con i personaggi che interpreto.”

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Quindi una capacità empatica e d’immedesimazione.

“Per questo sono sempre stato attratto dai treni. Mi ricordo quando da ragazzino rientravo nelle Marche da Bologna, mi soffermavo sulle singole vite dei passeggeri cercando di entrare in loro.”

Il treno è il mezzo di trasporto che lascia correre il pensiero allineandolo alla concezione del tempo e diviene simbolo della nuova coscienza decadentista che si affaccia sul finire dell’Ottocento . L’aereo e la nave invece, sviluppano l’associazione allo spazio, così anche l’automobile, e quindi alla libertà. Nel treno invece, è forte il richiamo alla corsa del tempo associata al destino, che constatiamo nel romanzo Anna Karenina. Io credo che chiunque abbia una sensibilità e una spiritualità sviluppate avverta il bisogno di ritrovarsi parte degli altri. La reintegrazione è una volontà che si esprime in questi tempi di forte crisi mirata a demolire e a disperdere. Questa sua propensione ad andare incontro agli altri si traduce nella capacità apprezzabile in lei, di saper passare repentinamente da una voce all’altra.

Esatto. Ho una voce molto duttile che mi permette di impersonare vari soggetti e di calarmi nei loro personaggi. In questi tempi ricorre spesso la definizione di ibrido. Ecco, io mi considero un ibrido nella sintesi di piano materico e piano spirituale.”

 

Lei, Davide è approdato tardi al Teatro rispetto a tanti suoi colleghi. Possiamo definire per lei il Teatro l’approdo giusto dopo tanti anni dedicati ad affinare lo spirito e la cultura interiore.

“Esattamente. Da bambino vivevo le recite scolastiche con ansia, intimorito dal pubblico e dalla preoccupazione di dimenticare le battute. Il lato concreto della mia persona mi ha portato a lavorare come agente di commercio, ruolo che non mi corrisponde appieno ma che con la crisi che purtroppo c’è nel mondo dello spettacolo, non ho mai abbandonato del tutto.”

“Ho lavorato a fiction come “Il paradiso delle signore” e sono stato scelto da Claudio Amendola per ruoli piccoli nei suoi film.”

Quale futuro secondo lei avrà il Teatro a seguito di questa epidemia? Scomparirà?

“Stiamo vivendo una forte crisi epocale, ma sento che l’amore e l’energia del mondo prevarranno sugli interessi delle lobby che si contendono il controllo globale. Io sono un attore atipico che si è sempre approcciato con umiltà, sentendo la responsabilità di andare a smuovere determinate corde dell’interiorità e dei contenuti dell’anima. Gli studi di filosofia, di antropologia, delle varie forme di spiritualità mi hanno portato ad affinare la mia sensibilità e mi hanno preparato al percorso teatrale, in quanto utili e formativi a entrare nel personaggio che devi interpretare. Proprio in virtù del contatto forte che si crea tra gli attori e il pubblico e prima ancora tra l’attore e il personaggio, il Teatro per me resta insostituibile.”

Sorprende l’approccio sentito e profondo che lei ha sviluppato col Teatro, che rimanda a quello che era lo spirito dei drammaturghi e degli autori del passato. La capacità di educare e sconvolgere che rintracciamo ad esempio in Shakespeare a sua volta riverente verso la grande tradizione classica da lui reinterpretata nel presente.

“Io ho un rapporto viscerale col Teatro. Per me racconta e fa rivivere l’atto di ricreare la vita.”

In virtù di questo alone di sacralità che lei ravvisa nel Teatro, come ha vissuto l’approdo al Cinema?

“Io credo che il raggiungimento e la comunicazione della Verità siano l’obiettivo dell’attore. Costui si considera bravo se è riuscito a raggiungere questo obiettivo, pertanto la differenza tra Teatro e Cinema a mio avviso è solo di spazio e contenitore. Chiaramente la tecnica dell’attore di Teatro è diversa da quella adottata ed espressa dall’attore di Cinema, perché diversi sono ambiente e situazione.”

Certo, su questa facile capacità di adattamento alla loro differenza, si gioca l’abilità dell’attore. Dispiace che, tornando alla diversità dei due ambienti, il Cinema sia molto condizionato dall’impatto visivo. Oggi il Cinema si basa sull’immagine ma al contempo manca la cultura della stessa.

“Purtroppo è così. Attori bravi spesso si vedono scavalcati da modelli approdati al Cinema in virtù della loro bella presenza. Produttori e registi si trovano costretti a operare certe scelte per rendere il film più facilmente fruibile, mettendo da parte la resa concreta dell’attore non sempre centrato nel ruolo chiamato a interpretare.”

C’è da dire che manca, secondo me, la volontà di soffermarsi a dovere su un testo che prevederebbe la giusta interpretazione. Si ha fretta di consegnare il prodotto e manca la cultura necessaria a entrare nel testo.

“Il discorso e’ generalizzato. Permea a mio avviso tutto il comparto culturale con gravi ricadute sul mondo dello spettacolo.”

Davide, c’è un autore che lo affascina in modo particolare?

“A dire il vero no, proprio per l’approccio da parte mia di curiosità e immedesimazione nel testo e nel ruolo che devo interpretare. Pertanto mi accosto a un personaggio a mente libera, senza alcun condizionamento preliminare.”

Per concludere, secondo lei c’è differenza tra Verità e Fede?

“Sicuramente. La Verità è il contenuto di tutto l’Universo. È il collante di tutte le forme di vita. La Fede è il percorso che uno sceglie per raggiungere la Verità. Pertanto la definisco la declinazione individuale della Verità.”

In Teatro si assapora la lontananza, quella distanza necessaria a cogliere il seme della verità asperso dagli attori durante la recitazione. L’immagine è svuotata di ogni riferimento minuzioso ed emerge la forma attraverso l’inclinazione mimica dei singoli attori. Il Cinema taglia e spezza incidendosi nell’anima, ma spesso accade che l’emozione destata svanisca nella sua travolgenza. Non a caso la prima pellicola nella storia del Cinema rappresenta l’ingresso di un treno in stazione destando scalpore tra gli spettatori. Il teatro lascia vivere e germogliare il seme deposto, rendendoci al tempo stesso più umani e divini.

Ringrazio l’attore David Montesi per averci portato ad assaporare anche sul piano metafisico l’identità dell’attore, porgendoci il profumo della magia del Teatro che speriamo non svanisca mai e sopravviva a questo duro tempo. A lui e al suo straordinario impegno i migliori auguri da parte mia e di tutta la Redazione.

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