asta un click. Entri, e ti ritrovi in un gioco di scatole cinesi da cui non vorresti più venir fuori. “Era in programma da tempo” esordisce Micaela Le Divelec Lemmi, amministratore delegato di Salvatore Ferragamo, parlando del nuovo sito della griffe. Fiorentina, con un lungo passato nel gruppo Kering dove è arrivata a essere Executive Vice President di Gucci (2013) e poi CEO di Richard Ginori (2014), Micaela racconta: “Quando è scoppiata la pandemia stavamo già lavorando al nuovo sito. Il coronavirus non ci ha fermato e siamo riusciti a lanciare nuovo sito e boutique digitale il 27 aprile, nella data che ci eravamo prefissati. In un momento di isolamento fisico e sociale come quello che mi auguro ci stia già alle spalle, l’avvicinamento tra reale e digitale ha avuto un ruolo fondamentale per ridurre distanze che altrimenti risulterebbero incolmabili”.
È stato così che, attraverso una navigazione intuitiva, Ferragamo ha realizzato un’esperienza immersiva in cui la boutique digitale è intrecciata con il racconto dei valori del marchio.
Come crede che ripartirà la moda?
Non prevedo certo che alla riapertura ci sarà una corsa agli acquisti, però sono convinta che l’autogratificazione e il sogno giocheranno un ruolo importante, questo la moda lo insegna da sempre e non credo che stavolta farà eccezione.
Lei è approdata da Ferragamo nel 2018, quali sono state le prime cose che ha fatto arrivata in azienda?
Il mio primo obiettivo è stato puntare sull’uniformità di percezione della griffe. Arrivando in Ferragamo infatti mi sono resa conto che nei vari mercati il marchio era posizionato in modo diverso. Da lì ho formulato un piano strategico di unificazione e il fatturato ci ha dato ragione.
Quanto conta oggi l’heritage per un marchio?
È un elemento fondamentale ed è importantissimo comunicarla alle nuove generazioni con i suoi valori che vanno dall’artigianato al made in Italy, fino alla sostenibilità di cui in qualche modo Salvatore Ferragamo è stato pioniere. In tempi non sospetti, già negli anni Trenta, durante l’epoca autarchica per sopperire alla carenza di materie prime Salvatore fece alcune delle sue creazioni più originali, come la scarpa con il plateau di sughero o le tomaie fatte di iuta o di rafia.
Non è un caso che l’attuale mostra al museo Salvatore Ferragamo sia “Sustainable Thinking”…
Si, in primavera avremmo dovuto inaugurare una nuova mostra sulla seta, ma a causa della pandemia abbiamo rimandato al 2021 decidendo di prorogare l’esposizione sulla sostenibilità, un tema per noi prioritario tant’è che in questo senso stiamo sperimentando nuovi tipi di concia vegetale e coloranti naturali per i nostri pellami, anch’essi sostenibili, perlomeno fino a quando ci nutriremo anche di carne.
Anche se l’azienda è stata fondata da un uomo, la presenza femminile è stata molto importante…
Senza voler togliere nulla al fondatore, le donne hanno avuto un ruolo fondamentale. Salvatore è morto nel 1960 e se non ci fossero state la moglie Wanda e Fiamma, la sua figlia maggiore (l’unica che aveva già iniziato a lavorare a fianco del padre, n.d.r) non è detto che il marchio sarebbe sopravvissuto. Dobbiamo a Fiamma peraltro anche alcuni elementi che, nel tempo, si sono trasformati in tratti distintivi della griffe. Mi riferisco al dettaglio Gancini e a Vara, la décolletée con il fiocco creata nel 1979 e poi diventata un classico della casa.