Dai vecchi abiti della nonna trovati nel baule in soffitta alle trattative con investitori australiani per quotare alla Borsa di Sydney la sua App mobile e social per vendere vintage autentico: è la strada che in meno di tre anni ha percorso Francesca Tonelli, una delle più promettenti startupper italiane con la sua newco bolognese Vintag. Tanto da aver catturato prima i denari di acceleratori e fondi di venture capitalist, poi gli investimenti di un big del fashion come il gruppo Piquadro e ora essere nel mirino della grande finanza internazionale.
«Ho incontrato gli advisor australiani di Regency Corporate il mese scorso, in un road-show per selezionare start-up velocemente scalabili e c’è stato feeling a prima vista. La presentazione standard di 10 minuti è diventata di un’ora e loro si sono detti pronti a iniettare subito in Vintag 2 milioni di euro, per un 20% dell’equity (stimato in 8 milioni). Ho preso tempo, preferisco la strategia dei piccoli passi – spiega il ceo Raffaello Bolognesi, marito della fondatrice. – Con gli investitori australiani ci rivedremo dopo l’estate, quando sarà partita la nostra prima campagna di comunicazione, abbiamo pianificato 100mila euro di investimenti. Siamo arrivati ai numeri di oggi senza un euro speso in marketing, solo grazie a passaparola e social network, ora dobbiamo fare il salto e arrivare a 100mila utenti entro fine anno e a 250mila nel 2020».
I numeri di Vintag raccontano oggi di una app che in sordina ha raccolto una comunità internazionale di 24.300 utenti attivi (quasi 2mila stranieri, dagli Usa alla Nuova Zelanda e 1.800 utenti “pro”, professionisti dediti a tempo pieno al vintage), appassionati che non solo si sono registrati ma si danno da fare tra acquisti, vendite, pubblicazione di articoli, controlli incrociati sull’autenticità dei pezzi: 75mila gli articoli in vendita, tra abbigliamento e accessori, oggetti di design, modernariato, auto e moto. Con prezzi che vanno da un euro di un bottone ai 28mila per una borsa rosa in pelle di Hermès, passando per i due e tre zeri di vinili, juke box, lampade Artemide, di una Vespa anni 60 e di una Chevrolet Camaro del 1979 (di un utente americano).
«Noi tratteniamo una percentuale dell’8% fino ai 300 euro di valore dell’articolo e, sopra questa soglia, un fee fisso di 25 euro. Sono le tariffe più basse oggi sul mercato. A garantire l’autenticità non è solo la community ma quattro persone del nostro team interno e un gruppo esterno di esperti, WG Consulenze e stiamo lavorando all’introduzione di tecnologie blockchain», spiega Francesca Tonelli. Un passato di programmatrice e di referente social e customer care nell’industria del fashion, tutte competenze che ha travasato nella piattaforma dove raccogliere icone senza tempo, avvicinando i giovani ai brand del passato (il 60% degli utenti sono generazione Z e Millennials) e promuovendo un’economia circolare, etica e sostenibile nell’alto di gamma.
L’alleanza sul territorio in nome del made in Italy.
Aspetto, quello della sostenibilità, che ha attirato il conterraneo Marco Palmieri, presidente di Piquadro, entrato lo scorso febbraio nel capitale di Vintag, portando la raccolta complessiva a 250mila euro (dopo le iniezioni dell’acceleratore Fashion Technology e del fondo di venture capital di Singapore Hatcher +, che ha scelto Vintag come primo investimento assoluto in Italia). Piquadro. E il marchio The Bridge di Piquadro sta facendo scuola: «Siamo già al lavoro anche con Fendi, dopo un loro acquisto su Vintag per il loro archivio – spiega la fondatrice – e ai primi contatti con Pucci: il tema archivi e heritage per i grandi brand è molto interessante, perché stimola le persone a rimettere in circolo cose dimenticate in armadi e soffitte e perché avvicina anche i più giovani ai marchi italiani, che su questa fascia di età hanno meno presa.
In attesa di capire che ne sarà delle lusinghe dall’Oceania, sta invece chiudendosi un altro ingresso strategico nel capitale di Vintag, sempre per mani bolognesi, quelli di Unipol, attraverso Doorway, la debuttante piattaforma di equity investing, che inietterà 250mila euro di risorse fresche. «Oggi transiamo 40mila euro di articoli, il business plan prevede di arrivare nel 2022 a 3 milioni di ricavi e 1 milione di Ebitda, con 2,5 milioni di utenti», conclude Bolognesi, che a quel punto si farà da parte, «perché Vintag per me è una promessa fatta a mia moglie prima di entrare in una sala operatoria dove si sarebbe deciso il mio destino: mi fossi salvato l’avrei aiutata a realizzare il suo sogno imprenditoriale. Eccomi qua, ma Vintag è di un gruppo di donne trentenni, io oggi sono l’unico uomo over 40».