Se sei una modella o vuoi raccontare la tua storia a BREAK MAGAZINE contattami al numero 3279105006 Cristian Nardi
‘emirato di Dubai ospita 4 milioni di persone dei 10 milioni di residenti degli Emirati Arabi Uniti, ma la percentuale di cittadini è solo circa il 5% della popolazione, che è inferiore a quella del resto degli Emirati Arabi Uniti. Dubai ospita una popolazione espatriata molto numerosa e ha attirato 19 milioni di visitatori nel 2019. Secondo un quotidiano francese Le Monde, la prostituzione, ufficialmente vietata ma di fatto tollerata, ha trasformato Dubai in una destinazione privilegiata per il turismo sessuale nel Golfo.
Da Roma a Dubai Come funziona?
La gemma nascosta della globalizzazione
La scommessa di Dubai sulla sua spettacolare integrazione nella globalizzazione ha avuto particolare successo, anche dopo la crisi finanziaria del 2008, che ha costretto l’emirato a sviluppare le sue attività di servizi, con il turismo in prima linea. Il consumo di alcol è consentito in hotel, bar, ristoranti e discoteche con una specifica licenza , sebbene sia ancora vietato negli spazi pubblici. Di solito è in questi luoghi che le lavoratrici del sesso sollecitano il potenziale cliente.
È così possibile avvalersi dei servizi di un’accompagnatrice durante il proprio soggiorno nell’emirato. Una tacita gerarchia considera le prostitute cinesi, filippine o indiane di minor valore rispetto alle loro controparti centroasiatiche, che sono ancora meno apprezzate delle donne europee, siano esse russe, ucraine o occidentali. I partner arabi rimangono i più rari, e quindi i più ricercati, poiché lavorano meno spesso nello spazio pubblico.
Il numero di prostitute attive a Dubai è talvolta stimato a 45.000. Ovviamente è impossibile conoscere con precisione questo numero, in quanto si basa su un sistema complesso in cui i cittadini emiratini, autorizzati a “sponsorizzare” l’ingresso di un certo numero di stranieri con visto di soggiorno, cedono questi diritti di sponsorizzazione agli intermediari, senza necessariamente conoscere la vera attività dei futuri “immigrati”.
Il sistema dei visti di soggiorno, nonostante la sua riforma del 2016, continua a consentire questo tipo di manipolazione, mentre le reti smantellate tendono a riguardare la fascia bassa del mercato della prostituzione. L’operazione spesso conclusa senza intermediari accredita l’illusione di un’assenza di sfruttamento della prostituzione, anche se è impensabile offrire tali servizi a Dubai senza una solida protezione. L’ONU ha pubblicato nel 2017 la testimonianza di una “schiava del sesso” dell’Uzbekistan che, dopo 18 mesi di incubo a Dubai, ha preferito farsi arrestare dalla polizia degli Emirati per essere deportata. Più recentemente, è in Bangladesh che sono state trasmesse le rivelazioni sulle vittime di questo tipo di tratta, attirate a Dubai da false promesse di lavoro domestico.
Tra standardizzazione e vaccinazione
Il trattato di pace firmato tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti lo scorso settembre è stato rapidamente accompagnato dall’apertura di collegamenti aerei diretti tra i due Paesi. Più di centomila turisti israeliani hanno già visitato Dubai, dove la dimostrativa ospitalità nei loro confronti contrasta con la “fredda pace” riservata finora ai visitatori israeliani in Giordania ed Egitto. Ma anche la stampa israeliana ha dedicato a forme di turismo sessuale diverse notizie scandalose. Il quotidiano “Yedioth Aharonoth” ha descritto veri e propri cataloghi di prostitute, con le transazioni che avvengono intorno alla piscina di un grande albergo. Il sito online “Mako” si è interessato alla riconversione dei mafiosi israeliani in “agenzie di scorta” a Dubai, riproducendo, in screenshot, scambi che potrebbero essere considerati sfruttatori. Il quotidiano “Haaretz” ha anche pubblicato un articolo dal titolo “Visitare Dubai è come essere sull’orlo di uno stupro di gruppo”. I difensori della normalizzazione israelo-emiratina hanno protestato contro tale oltraggio e relativizzato l’importanza delle testimonianze riportate, che consideravano non rappresentative.
In ogni caso, sembra che il turismo sessuale sia, in generale, destinato a crescere ulteriormente a Dubai. Da diversi anni, il rapporto annuale del Dipartimento di Stato americano sulla tratta di esseri umani considera, nonostante commenti incoraggianti, che “il governo degli Emirati Arabi Uniti non rispetta pienamente gli standard minimi per l’eliminazione della tratta”. La pandemia di coronavirus non dovrebbe intaccare questa realtà, anzi. La campagna svolta in modo volontario negli Emirati, infatti, ha già permesso di vaccinare contro il Covid-19 più di un terzo della popolazione.
n base ad attendibili testimonianze l’amore vero difficilmente si trova a Dubai, perché pare che ci sia un tasso di prostituzione elevatissimo, nonostante la prostituzione sia un reato che li viene punito con almeno quattro anni di reclusione, fenomeno che riguarda soprattutto ragazze che arrivano dall’Italia e dall’est Europa con quell’obiettivo perché sanno che di lavoro ne trovano molto. Dati choccanti, perché sembra che il cachet di ciascuna possa arrivare anche a 15mila euro a sera quando si trova l’uomo giusto che ne voglia scegliere più di una con le quali festeggiare una serata in compagnia. Che la solitudine fosse il male del secolo si sapeva, ma non pensavamo fino a questo punto. E se vi dicessimo che che la paga media di un tassista o muratore è di circa duecento euro mensili? La classe media è un’utopia e le ragazze a pagamento pare che siano parte dell’alta società, date le cifre che riescono a raggiungere. Inizialmente si può cadere in fallo, pensare che ci si trovi difronte ad una ragazza qualunque, perché l’approccio ovviamente è quello dei più classici, ma mentre si sorseggia un drink arriva secca la frase “sono duemila dirham l’ora” (circa duecento euro) con una nonchalance ed un sorriso disarmanti. Questa la paga media, l’ora, che consente loro di avere il tenore di vita che poi sciorinano su Instagram, con calici di Champagne e una macchina di lusso affittata (in cash, perché non è controllato il denaro contante, bensì ben accetto) giusto il tempo di uno scatto che le rende agli occhi dei followers modelli da seguire.
Ragazze ben vestite, talvolta con orologi al polso da centomila euro che vanno e vengono dal bancone del bar di lusso, che passano dalla camera 33 a quella 36 in una sola serata, e ciò quando il lavoro è poco. Locali in cui la percentuale di uomini si aggira intorno al 30% mentre le donne sono appunto circa il 70%. Ma questa è la Dubai che a noi non è concesso vedere, perché sono severissimi verso chi risiede lì e rivela i segreti del sottobosco degli Emirati, tanto che non consentono il giornalismo d’inchiesta, impedendo l’utilizzo di telecamere per riprendere fatti rilevanti di cronaca e non solo. Quindi diciamolo chiaramente, non è tutto oro quel che luccica, soprattutto se è consentita una prostituzione a livelli così elevati, una prostituzione non legalizzata, condannata ardentemente nei palazzi, ma adulata nei salotti in cui il velo si dissolve diventando perizoma.
Moderna, vivace e cosmopolita, Dubai attira milioni di turisti ed espatriati ogni anno. Con i suoi vertiginosi grattacieli e la sua architettura ultramoderna, è facile capire perché molte persone scelgono di stabilirsi in questa città.
Visto di lavoro
Se vuoi trasferirti a Dubai per lavoro, devi come prima cosa trovare un impiego e successivamente inoltrare una domanda per l’ottenimento del visto.
Per ottenere un visto di lavoro per Dubai devi essere in possesso di un contratto di lavoro presso una società -locale o straniera- con sede negli Emirati Arabi Uniti.
È il futuro datore di lavoro (o sponsor) che si incarica del disbrigo delle formalità burocratiche (e spese associate) relative all’ottenimento del visto emesso dal Ministero delle Risorse Umane e dell’Emiratizzazione ((MoHRE) degli Emirati Arabi Uniti.
Il permesso di lavoro dà diritto ad entrare ed uscire dal territorio nazionale senza limitazioni ma è importante ricordare che, per poter richiedere il visto, è necessario avere un contratto in mano prima di lasciare il proprio Paese d’origine
Una volta in possesso del permesso di lavoro, è necessario richiedere un permesso di soggiorno, valido per 3 anni e rinnovabile; questo processo è obbligatorio per tutti i cittadini stranieri che si stabiliscono a Dubai ed è di competenza dell’Ufficio Immigrazione di Dubai.
Altre formalità burocratiche
Una volta che sei nel Paese, l’azienda che ti ha assunto ti seguirà nell’espletamento di altre formalità come esami medici, ottenimento di una carta d’identità emiratina, rilascio di una tessera chiamata Labour Card e permesso di residenza e lavoro (da far timbrare sul passaporto entro 60 giorni dall’ingresso).
Il permesso di residenza e lavoro è rilasciato dal General Directorate of Residency and Foreigners Affairs (GDRFA) dell’emirato in cui sarai impiegato.
Se hai familiari a carico, dopo aver completato la procedura che ti dà diritto a lavorare negli Emirati Arabi puoi sponsorizzare il loro ingresso e farli vivere con te.
Se sei già a Dubai con un visto turistico, dovrai richiedere una modifica di status per il tuo visto.
Esistono diversi centri nel mondo per aiutarti nel processo di ottenimento del visto. Sono gestiti dal Ministero delle Risorse Umane e dell’Emiratizzazione (MoHRE) e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. Il loro obiettivo è accellerare il processo garantendo la totale trasparenza tra dipendenti e datori di lavoro.
Inoltre, potrai chiedere informazioni sui tuoi diritti di lavoratore.
Per maggiori informazoni leggi l’articolo Trovare lavoro negli Emirati Arabi Uniti e Il mercato del lavoro a Dubai.
Buono a sapersi:
- Per essere idoneo a lavorare a Dubai, devi essere sponsorizzato da un datore di lavoro
- È illegale lavorare con un visto turistico
- Se richiedi un permesso di lavoro, il tuo passaporto deve essere valido per almeno sei mesi dopo la data di entrata negli Emirati Arabi
Indirizzi utili: