Enrico Fresolone – Aiuto, sono travolto da richieste di amicizia di sconosciuti. E Facebook non mi risponde
La testimonianza. Da un giorno all’altro sul mio profilo social arrivano centinaia di richieste. Uomini, donne, adolescenti, profili di fiori, edifici o strutture come il London Eye e nomi in arabo, cirillico e thai. Ma il divertimento iniziale lascia il campo all’angoscia. Come posso uscirne? Il social, contattato, per adesso tace
di FEDERICO BITTI
MILANO, 38 gradi, l’orologio del telefono fa le 17. Sono sigillato in casa, coccolato dall’aria condizionata. Un caro amico mi annuncia le sue prossime nozze in settembre e, mentre ci perdiamo nei dettagli della cerimonia e nell’amarcord di un’amicizia ventennale, “Plin!”: dal mio smartphone parte il suono di una notifica di Facebook. La ignoro. Il mio amico e la sua futura moglie sono più importanti. Si beve, si ricorda, chiedo dettagli del banchetto, di un possibile regalo fuori lista e “Plin!”, “Plin!”, “Plin!”. Altre notifiche. Mi scuso, tolgo la suoneria e la serata finisce come da copione: baci e abbracci.
Mi sveglio alle 8, faccio i miei esercizi di respirazione, un caffè, due biscotti e riattivo il telefono. Il caffè mi va di traverso perché trovo circa 400 richieste di amicizia da sconosciuti: uomini, donne, adolescenti, profili di fiori, edifici o strutture come il London Eye e nomi in arabo, cirillico e thai. Sono divertito e pubblico un post chiedendo lumi a colleghi più esperti di social, sicuro che si tratti di un troll, una specie di disturbatore che infetta i profili, o di un bug temporaneo. I miei colleghi non hanno risposte e nel frattempo “Plin!”, “Plin!”. E ancora “Plin!”. Controllo dal portatile e le richieste sono ormai 560. Provo a interagire con uno dei possibili nuovi amici: gli mando un messaggio vocale per verificare che si tratti di una persona reale e capire per quale motivo mi abbia contattato. E la risposta – un po’ irritata ma onesta – arriva: “Mi sei comparso tra le persone suggerite”. “Grazie”, “scusa”, “ciao”. Scrivo a Facebook. Mi sto innervosendo.
Non mi aspetto risposte nell’immediato ma ancora nulla dopo quasi 24 ore e dopo altri 300 plin mette a dura prova la mia pazienza. Nell’attesa, disattivo le notifiche e scopro anche che non posso annullare la funzione per le richieste di amicizia ma soltanto limitarle agli “amici degli amici”, opzione che avevo, credo inconsciamente, già attivato. Forse invano.
Disarmato, accetto l’amicizia da qualche volto che mi pare gradevole e innocuo, ne elimino duecento. Ma “Plin!” e “Plin!” e “Plin!”. Non mi dà tregua. Riscrivo a Facebook, sempre più nervoso, ma nulla. Ignorato. Nel primo pomeriggio, da un paio di quelle decine di volti che avevo accettato come amici, partono videochiamate. Intimorito le ignoro. Ma loro scrivono: un ragazzo del Bangladesh ha deciso che sono suo marito. Poi mi faccio coraggio e accetto due videochiamate: un ragazzo veneto mi mostra il pene e dice “ti voglio” senza mai mostrare il viso. Una ragazza spagnola fa vedere il seno ripetendo “te gustan?”. Attacco, blocco e riscrivo a Facebook. Ancora nessuna risposta.
Le notifiche sono ormai ingestibili ma una su tutte mi colpisce. È di una signora tailandese che mette un convintissimo “like” a una mia battuta sardonica, in romanesco e nemmeno tanto riuscita, sul #mandatozero e davvero penso di essere finito, per colpa di qualche algoritmo, in una puntata di Black Mirror.
Come sottrarsi come sottrarsi all’ondata di richieste su Facebook
A chi farà notare che raccontare su Repubblica questa storia mi procurerà ancora più richieste di amicizia, vorrei rispondere che sì, sono perfettamente consapevole che esporsi pubblicamente genera attenzione e pubblicità. Ma una cosa è volerlo, altra è subirlo. Fino a che punto possiamo considerarci padroni delle nostre scelte, cioè liberi, se affidiamo noi stessi e i nostri dati a una piattaforma che senza alcun consenso espone la nostra identità a centinaia di sconosciuti? Un algoritmo che prima ci dà in pasto alle moltitudini sui social e poi ignora le nostre richieste di aiuto.