DUBAI CITY – Si vedono solo la notte. Aspettano sedute, nelle centinaia di locali e discoteche che tengono sveglia Dubai fino al mattino. Giovanissime, alcune appena diciottenni, pelle chiarissima, corpi minuti, stretti in jeans attillati e vestiti cortissimi. Lo sguardo, nascosto dalla falsa sicurezza con cui si presentano ai clienti, è per tutte lo stesso: di paura. «Ciao come stai? Posso offrirti qualcosa da bere?» «Sono 1500 dirham se vuoi passare la serata con me». «Come ti chiami? Di dove sei?» «Nargiza, sono russa amico». I clienti li trovano così oppure direttamente negli appartamenti, su appuntamento, ma sempre al chiuso e senza dare troppo nell’occhio .عاهرة دوبي
Quantificare il fenomeno è difficile in ogni parte del mondo, ma negli Emirati i dati ufficiali cercano di celare la gravità della situazione, mentre le Ong e le associazioni in difesa delle vittime sono ostacolate e hanno bisogno di una concessione governativa per operare e per raccogliere fondi. È certo, però, che il traffico di esseri umani ha raggiunto proporzioni gigantesche ovunque, Emirati compresi: secondo l’ultimo rapporto dell’Onu e dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni (l’Oim) rappresenta il terzo mercato mondiale dopo il traffico di armi e di droga, con profitti che toccano ogni anno i 13 miliardi di dollari. La tratta a fini di sfruttamento della prostituzione incide per il 79% sull’intero fenomeno del traffico di esseri umani e coinvolge ragazze sempre più giovani. Negli Emirati non è diverso: ogni ragazza russa rende tra 60mila e 80mila dollari all’anno. I clienti sono principalmente arabi, che arrivano a Dubai da altri paesi della penisola arabica, ma non mancano europei e italiani, in cima alla classifica per il turismo sessuale (il dato arriva dal recente rapporto dell’Organizzazione mondiale del turismo).
Juergen Gasiecki, amministratore della chiesa ortodossa del Paese, insieme alla moglie Lena, di origine uzbeka, vive negli Emirati da dieci anni: ha cercato di aprire una Ong e un rifugio protetto per le vittime, ma il Governo non gliel’ha permesso. Così lavora nell’ombra, ma ha sotto gli occhi la tragica realtà della tratta delle ragazze russe. Solo nel primo mese del 2011 ha avuto 21 casi, mentre nel 2010 ha assistito 269 donne, contro le 129 del 2009: in un anno le vittime sono più che raddoppiate. Il 60% delle ragazze ha passaporto uzbeko, il 13% arriva dalla Moldavia, l’11% dalla Russia, il 5% dal Kirghizistan, e poi da Ucraina, Kazakistan, Armenia, Tagikistan, Bielorussia, Turkmenistan, Georgia, Azerbaigian.
Secondo i dati ufficiali, invece, la realtà è diversa: il rapporto annuale 2009-2010 del National Committee to Combat Human Trafficking parla di 86 vittime di violenze (di diverse nazionalità) e appena 43 casi di tratta, numeri che non comprendono nessuna delle ragazze russe aiutate da Juergen e Lena.