Diritto all’oblio: perchè un negozio deve chiedere per una recensione negativa
È giusto che un’attività commerciale possa richiedere la rimozione di giudizi negativi dalle recensioni pubblicate sul web? La questione è spinosa, e va a toccare diritti dei cittadini come quello all’oblio, approvato dalla Corte di Giustizia Europea nel 2014. Sì, “dei cittadini”, ma a quanto pare non di attività come negozi o professionisti.
A fare giurisprudenza sono state due decisioni della diciottesima sezione civile del Tribunale di Roma, che ha rifiutato l’istanza di un chirurgo che aveva chiesto la cancellazione di alcune recensioni negative pubblicate su Google My Business, imponendogli anche il pagamento delle spese legali relative alla causa intentata dal professionista all’azienda di Mountain View. Il chirurgo chiedeva infatti la rimozione della scheda della sua attività o, in alternativa, l’eliminazione dei commenti negativi presenti e futuri (entro 24 ore dalla loro pubblicazione).
Il diritto all’oblio prevede che gli utenti possano chiedere ai motori di ricerca di rimuovere informazioni sul proprio conto nel caso in cui queste vengano considerate inadeguate, irrilevanti, non più rilevanti o eccessive. Ma, vista la sentenza, pare che questo diritto spetti solamente ai privati, e non agli esercizi commerciali o ai fornitori di servizi. Tradotto: se un negozio riceve giudizi negativi, se li tiene.
La motivazione verte sull’importanza di tutelare l’interesse collettivo, anche nel caso in cui questo non coincida con quello del singolo:
recita la sentenza del Tribunale di Roma. E questo precedente avrà riflessi importanti non solo su Google, ma anche su altre piattaforme di ricerca come Tripadvisor, Booking o Amazon, ovvero tutti i siti web in cui aziende e professionisti mettono in vendita le loro proposte commerciali.
Mountain View vince dunque il round contro il povero chirurgo, è da vedere però se riuscirà a vincere anche la partita visto che la questione non finirà di certo qui. Nonostante la sentenza, che al momento dice che chi riceve giudizi negativi non ha la facoltà di filtrarli.