Da qui al 2030 le gerarchie e i primati economici di oggi saranno quasi certamente un ricordo. La Cina supererà gli Stati Uniti per dimensione del Pil e non di poco: secondo Euromonitor ad esempio l’economia americana varrà 30 trilioni, quella cinese oltre 60. Al terzo posto ci sarà l’India, seguita da Indonesia, Giappone, Russia, Germania, Brasile e Regno Unito. Sempre da qui al 2030 il pil mondiale crescerà a un ritmo medio del 20%, metà del tasso che abbiamo registrato negli ultimi dodici anni, ma alla fine la ricchezza globale sarà comunque raddoppiata rispetto a oggi.
L’America perderà un po’ di importanza, resterà però strategica per qualsiasi mercato, medio e alto di gamma compreso. Considerando che la popolazione americana è un quarto di quella cinese e nel 2030 il rapporto sarà di un quinto, il Pil pro capite resterà (molto) più alto e così la capacità di spesa. Non stupisce quindi che tutti i settori del lusso e a maggior ragione l’hard luxury (gioielli e orologi) continuino a investire negli Stati Uniti: chi ha un marchio forte apre negozi monomarca, altri stringono accordi con i department store, che negli Stati Uniti restano il canale distributivo wholesale principale per l’alto di gamma con catene come Saks, Neiman Marcus e Bergdorf Goodman.
A consigliare di investire nell’alta gamma – categoria alla quale i gioielli presentati a una fiera com il JCK di Las Vegas appartengono – è anche il dato emerso dalla ricerca Best Global Brands 2018 di Interbrand: con un incremento del 42%, il lusso si è rivelato il top growing sector, scalzando il retail, che con una crescita del 36% nel 2018 si è posizionato secondo.
C’è un’altra buona notizia per un settore come la gioielleria, tradizionalmente legato al retail fisico, ma che non può pensare di essere impermeabile alla rivoluzione dell’e-commerce: secondo un recente studio dell’International Council of Shopping Centers, i consumatori più giovani, quelli della Gen Z (nati dopo il 2000 e futuri clienti del lusso) amano gli shopping center fisici molto più dei Millennial (i nati dopo il 1980, già oggi avidi acquirenti di prodotti di lusso). Il 95% di loro è entrato in uno shopping center o department store negli ultimi tre mesi del 2018, contro il 75% dei Millennial, e tre quarti di loro dichiarano di preferire l’esperienza reale a quella di shopping online.
Il mercato americano della gioielleria è, come nella maggior parte dei Paesi, ancora unbranded: a livello globale, i dieci più grandi gruppi del settore controllano appena il 12% delle vendite e il restante 88% è altamente frammentato. Uno scenario che apre molte possibilità a marchi emergenti e che sappiano sfruttare il marketing digitale e l’e-commerce, specie nelle fasce medie. In America, tra i marchi domina Tiffany, seguito da catene poco note fuori dagli Stati Uniti. Non stupisce quindi che Chow Tai Fook, colosso cinese della gioielleria e orologeria, leader in patria e, per volumi, il più grande al mondo, non sia di fatto ancora presente negli Stati Uniti.
Poche anche le gioiellerie come le conosciamo in Italia e altri Paesi europei: «Da noi esistono migliaia di buone gioiellerie, negli Stati Uniti arrivano a 40, massimo», spiega Carlo Traglio, appena rientrato da un viaggio tra New York e Los Angeles e tra pochi giorni di nuovo in partenza per gli States. Traglio è il presidente di Vhernier, marchio di gioielli di design che produce tutto a Valenza artigianalmente e ha già tre monomarca in America: New York, Miami e Los Angeles. «È un mercato difficilissimo, ma che può dare grandi soddisfazioni – aggiunge Traglio –. A patto di avere una strategia che combini retail diretto e department store, magari con la formula degli shop-in-shop, come abbiamo fatto noi da Saks».
Fatta salva l’importanza del retail fisico, chiunque voglia penetrare il mercato americano deve avere una strategia per l’e-commerce: secondo le più recenti previsioni di Hexa research, nel 2025 il mercato dei gioielli e orologi online raggiungerà i 10 miliardi di dollari. Gli acquisti negli Usa, online e offline, saranno spinti dalle donne più che in passato, dagli americani e dai global shopper che vanno in America per turismo o lavoro: in tutto il mondo aumenta la capacità di spesa delle donne, che, sempre più numerose scelgono di regalarsi gioielli e orologi, anche modelli di dimensioni e marchi considerati fino a pochi anni fa prettamente maschili.