Un diamante non è più per sempre”: De Beers riformula il celebre claim inventato nel 1947, e che ha dato vita al marketing del diamante come pegno d’amore, battezzando un nuovo marchio di gioielli, fatti con diamanti sintetici.
“Lightbox”, questo il nome del nuovo brand del gruppo, sarà lanciato a settembre e offrirà a una nuova ma costantemente crescente fascia di consumatori dei diamanti veri, perfettamente identici a quelli estratti a km di profondità nella Terra, ma prodotti in laboratorio. Sarà disponibile inizialmente solo negli Stati Uniti, dove si potrà comprare su un apposito e-store e offrirà gioielli con una fascia di prezzo compresa fra i 200 dollari, per pietre da 0.25 carati, agli 800 dollari, per un diamante da un carato.
«Lightbox trasformerà il settore dei diamanti sintetici offrendo ai consumatori un prodotto di laboratorio che ci chiedevano ma che non riuscivano ad avere: si tratta di gioielleria accessibile, che può anche non essere per sempre, ma che è perfetta per il momento», ha detto Bruce Cleaver, ceo del gruppo De Beers, parafrasando il motto di De Beers.
Secondo le ricerche del gruppo, ma non solo, la domanda per gioielleria brandizzata ma dal costo accessibile è in forte aumento: «Dopo decenni di investimenti in ricerca e sviluppo, siamo in grado di offrire ai consumatori un prezzo migliore – prosegue Cleaver – . Sarà un business di minor rilevanza rispetto a quello per noi principale, dei diamanti naturali, ma pensiamo che Lightbox sarà un marchio che avrà risonanza fra i consumatori e ci darà nuovi spazi commerciali». De Beers, infatti, ha da oltre 50 anni una unità speciale dedicata alla ricerca sulle gemme di laboratorio, Element Six. Ora, un nuovo stabilimento sorgerà a Portland, in Oregon, con un invetsimento di 94 milioni di dollari in quattro anni, che si aggiungerà a quello già attivo di Ascot, nel britannico Berkshire. A pieno regime, l’impianto americano produrrà circa 500mila carati l’anno.
Uno degli aspetti principali di Lightbox sarà la trasparenza sulla provenienza dei diamanti, un tema che finora è stato fonte di preoccupazione per rivenditori e clienti, dal momento che la differenza fra diamanti naturali (dal costo molto più elevato) e gemme prodotte in modo artificiale è riscontrabile solo con sofiticati e costosi macchinari.
Per uno dei marchi più antichi della gioielleria mondiale (è stato fondato nel 1888 dal politico Cecil Rhodes con fondi della famiglia Rothschild) si tratta della seconda, importante innovazione nel segno dello “spirito dei tempi” accolta nel giro di poche settimane. È di pochi giorni fa, infatti, la notizia che De Beers ha adottato il sistema blockchain, tramite la nuova piattaforma Tracr, che sarà lanciata entro l’anno, per tracciare la provenienza dei diamanti dalla miniera al rivenditore. Una tecnologia che potrebbe rendere obosleto il Trattato di Kimberley, in vigore dal 2000 per evitare che diamanti “insanguinati” provenienti da zone di conflitto vengano immessi sul mercato, ma da più parti tacciato di falle, come sottolineato da un recente report di Human Rights Watch .