In quest’articolo discutiamo di questa variabile con Davide Buccheri, un esperto di mercati finanziari. “Il tasso di disoccupazione non è probabilmente il miglior punto di partenza. Il problema è che tiene conto solo di coloro che stanno attualmente cercando un’occupazione. C’è un’enormità di gente in ogni singola economia che si trova al di fuori della forza lavoro, ma non rientra mai nelle statistiche sulla disoccupazione. Queste sono comunque risorse che non stanno contribuendo al PIL e sono sicuramente un ottimo indicatore della salute di un paese. Certamente in misura molto più forte del tasso di disoccupazione.” “Inoltre, il tasso di disoccupazione è al più un segnale concorrente con le recessioni, ma non ci aiuta in alcun modo ad anticiparle. Una base di partenza molto più forte può essere facilmente ottenuta partendo dalle statistiche ufficiali. E’ sufficiente estrarre il tasso di disoccupazione dal tasso di partecipazione e sottrarre questa variabile alla popolazione totale tra i 15 e 65 anni. Quello che rimane è la somma di tutti coloro che hanno un’età tra i 15 e 65 anni e non hanno un lavoro. Include disoccupati, studenti, casalinghe ed anche tutti coloro che per una qualsiasi ragione non sono occupati”. “La reale forza di questa metrica è che tende a predirre le recessioni abbastanza bene. L’unico caso in cui non ha avuto successo è comunque aumentata in concomitanza con la recessione, fornendo dati importanti mesi prima dei dati ufficiali sul PIL” nota Buccheri.
“La cosa positiva è che al momento questa metrica non mostra nessun segnale di indebolimento per gli Stati Uniti. Anzi l’economia sembra trovarsi in uno stato assai salutare”.
Sembrerebbe quindi che l’economia abbia ancora spazio per crescere nel futuro