Costume: la nuova lingerie è agender

Che si chiami unisex o genderless, l’idea di genere è in fase di riscrittura. Dopo la moda, anche la biancheria intima scopre il mercato di giovani e giovanissimi alla ricerca di capi senza una connotazione sessuale precisa. L’icona è Asia Kate Dillon di “Billions”, che si definisce femmina ma né uomo né donna

di SILVIA LUPERINI

Il lancio. Più di Vent’anni dopo aver creato con il marito il marchio Agent Provocateur, per donne che assumono pienamente la propria sessualità, Serena Rees volta pagina con “Les Girls Les Boys”. I capi lanciati a settembre – un centinaio fra mutande e reggiseni, magliette e canottiere – dovrebbero abbandonare l’immagine classica di “maschile” e “femminile”: «Sono per gente che è fiera di come è, e fiera di quello che ama – ha detto l’imprenditrice – indossano quello che vogliono, non quello che ci si aspetta che vogliano».
Più di Vent’anni dopo aver creato con il marito il marchio Agent Provocateur, per donne che assumono pienamente la propria sessualità, Serena Rees volta pagina con Les Girls Les Boys. I capi lanciati a settembre – un centinaio fra mutande e reggiseni, magliette e canottiere – dovrebbero superare l’immagine classica di “maschile” e “femminile”: «Sono per gente fiera di come è, che indossa quello che vuole, non quello che ci si aspetta che voglia», ha detto l’imprenditrice.

Costume: la nuova lingerie è agender

Lingerie “neutra” di Benetton

L’idea. Osservando il comportamento dei figli e dei loro amici, Rees ha notato come la loro visione diversa del sesso e della sessualità fosse “disconnessa” dal mercato. Così ha disegnato una collezione che celebra “un nuovo modo di essere sexy” radicato nell’accettazione di sé e del proprio corpo. «L’idea stessa di genere è in fase di riscrittura. Siamo solo all’inizio di un fenomeno ben più vasto – afferma l’antropologa della moda Simona Segre Reinach – le linee di intimo indifferenziate sono un continuum, ognuno sceglie a seconda di come si sente in quel momento». «Negli ultimi dieci anni – ha raccontato Serena Rees al New York Times – c’è stato un aumento delle immagini del corpo ipersessualizzate, soprattutto delle donne, alimentate dai social media e dalla chirurgia plastica. Ed è sbagliato perché rende le persone infelici e insicure. Il mio marchio non è gender-fluid ma per i ragazzi e le ragazze, o per le ragazze e i ragazzi, o in qualunque altro modo vogliono chiamarsi».

La comunicazione. «Non mi sembra niente di nuovo – ribatte Gianluigi Cimmino, ceo di Yamamay – il crossdressing è sempre esistito e sempre esisterà. Nelle nostre boutique entrano uomini che comprano perizoma in pizzo per sé e donne che portano i boxer. Dove sta il problema? I giovani sperimentano molto più delle generazioni precedenti». «La vera novità di Les Girls Les Boys è la comunicazione efficace», afferma Nicola Brajato di Bossy , il sito che si batte per i diritti LGBT e per andare oltre gli stereotipi. «Il dubbio – continua – è che questa operazione sia solo una trovata pubblicitaria. Mutandine di pizzo per lei, boxer/slip con scritta sull’elastico per lui: sarebbe questa la rivoluzione? Non basta che una donna indossi una maglietta oversize e tenga uno skateboard in mano per poter parlare di stile no-gender. Senza contare poi che, “curiosamente”, l’operazione di reinvenzione ricade sempre sulla mascolinizzazione della donna anziché sulla femminilizzazione dell’uomo».

L’unisex. Un’operazione di cui è stata antesignana la famosa pubblicità di Calvin Klein del ‘92, protagonista un’esordiente Kate Moss con i jeans leggermente calati e, sotto, gli stessi boxer di Marky Mark. L’abbigliamento unisex è il risultato delle battaglie femministe che negli anni 60 e 70 hanno contestato i confini imposti dai generi a partire dagli indumenti. Di recente invece, nella direzione di una sessualità più fluida, il marchio Play Out ha portato in passerella sia uomini che donne, truccati nello stesso modo, in pantaloncini e reggiseno. Sul fronte della moda, è stato il più cool degli stilisti, Alessandro Michele, il primo a intercettare il cambiamento nell’aria e a tradurlo in stile nel defilé di Gucci del 2015. Da lì il fenomeno non si è più arrestato. Fuori dalle vecchie regole binarie, il grande magazzino inglese Selfridges ha creato dei piani Agender per acquistare senza i classici reparti “lui” e “lei” e in TheCorner.com c’è uno spazio digitale senza genere. I campioni del mass market hanno cavalcato più timidamente il treno della “neutralità”: stessi jeans (H&M), felpe e maglie identiche (Zara) o short intimi con l’etichetta women/boy (Uniqlo). Un altro segnale arriva da Sisley. Per l’ultima campagna firmata da Bettina Rheims ha scelto modelli transgender: «Per aprire nuovi sentieri – ha spiegato la fotografa francese – bisogna provocare reazioni ed emozioni, anche rabbia o paura».

Le icone. Qualcosa comunque si sta muovendo, come dimostra il successo dei modelli nogender Jazzelle Zanaughtti (autodefinitasi “creatura”), Casey Legler (donna che sfila con abiti maschili) o Hari Nef (la transgender passata dalla Columbia University all’agenzia IMG Mod). L’altro volto del nuovo corso è Asia Kate Dillon. L’interprete della stagista genderqueer Taylor, della serie tv Billions (Sky Atlantic), pur avendo un fidanzato, si sente femmina ma non necessariamente donna o uomo. «Il sesso – ha detto – è quello che abbiamo fra le gambe, il genere sta nella mente».

Frammentazioni. «Oggi nessuno vuole prendere più una posizione netta, né essere identificato etero o omosex – conclude Simona Segre – la frammentazione è ben più ampia e riguarda tutte le categorie, famiglia e lavoro compresi. L’attenzione iperbolica del sé, fomentata dai selfies e dall’amplificazione dei social, rende tutto possibile, anche confezionarsi una personalità à la carte».

fonte: http://www.repubblica.it/rclub/moda/2017/10/28/news/la_lingerie_neutra_dei_millennials-179313837/

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