Come le Escort e influencer Italiane si trasferiscono a Dubai per Soldi
Chiamiamola Simona , non è il suo vero nome ovviamente, ma non è nemmeno il nome d’arte con cui si pubblicizzava come escort di lusso in questo portale. Motivazioni personali dice lei, preferisce rimanere anonima, ma ci tiene a farci conoscere questa sua esperienza che definisce fantastica ma altrettanto scioccante sotto alcuni punti di vista. Lo precisiamo: nella foto in copertina non è ritratta Simona è una immagine puramente rappresentativa.
Breve profilo di Simona
Simona non è una escort d’elite, di quelle super conosciute, ed avendo cominciato questa professione da poco più di due anni non ha nemmeno tanta esperienza. Simona non è giovanissima, ma nemmeno una MILF. E’ una bella ragazza, semplice, naturale, occhi da cerbiatta, coscia lunga, capelli castani ed occhi nocciola. E’ italiana e vive in una provincia emiliana. La sua attrazione verso il mondo dell’escorting di alto livello è rimasta latente dentro di lei fino allo scoccare del suo trentaduesimo compleanno, quando per una serie di circostanze ha deciso di realizzare la sua fantasia professionale nascosta ed iniziare a fare la escort, non prima di aver raccolto tutte le informazioni necessarie utili per chi vuole esercitare questo mestiere. Quindi: servizio fotografico, sito internet professionale per escort, annuncio su questo ed altri autorevoli siti specializzati in incontri di lusso, e la sua carriera è decollata alla grande. Poi è arrivato il Covid-19, che ha bloccato tutto e tutti. Ma la storia che Simona vuole raccontarci non riguarda l’emergenza sanitaria, bensì risale in epoca in cui del virus manco si sospettava. Ecco il suo racconto in prima persona.
Il racconto di Simona
Era fine estate, ero appena rientrata da un weekend di lavoro a Cortina. Come faccio quotidianamente, più volte al giorno, controllo la mia casella di posta per leggere le varie proposte che mi arrivano tramite i siti di annunci e quelle provenienti dal mio sito personale. Ho imparato a fare una cernita rapida tra chi mi scrive ed elimino velocemente i messaggi di chi ha solo voglia di farmi perdere tempo. Li riconosco subito i potenziali clienti da chi invece sono sicuri bidoni. Su un messaggio però ho esitato, era scritto in un inglese sgrammaticato, e non capivo esattamente cosa chiedeva. Non avendo tempo di leggerlo attentamente l’ho parcheggiato in attesa di un momento migliore per leggerlo. L’ho riletto con calma nel tardo pomeriggio, dopo essere rientrata dalla palestra. Quando ho finalmente interpretato la richiesta sono rimasta incredula, sbalordita, e confesso, molto titubante. Era un invito a raggiungere immediatamente Dubai!
L’invito a Dubai, euforia e tremarella
Confesso che la prima cosa che ho pensato è stata “ma dov’é Dubai?” perché l’ho sempre sentita nominare ma non avevo una esatta idea di dove era situata questa città, già, la mia cultura geografica è piuttosto scadente. Ricordo che scuotevo la testa sorridendo tra me stessa perché ero certa che si trattasse di una gigantesca bufala, ma…. l’email aveva un link e degli allegati. Ho cliccato sul link e mi è apparso una pagina di un sito che all’epoca non conoscevo: si trattava di preferred411.com. E’ un autorevole sito che certifica l’autenticità di una escort o di un cliente mantenendo il suo anonimato, ed ho quindi capito che la richiesta proveniva da un cliente affidabile, anzi affidabilissimo e referenziatissimo! A quel punto ho aperto anche gli allegati PDF: uno conteneva un elegante invito ufficiale a raggiungere Dubai per 15 giorni, ospite presso un lussuoso hotel dell’Emirato Arabo, e l’altro era un voucher da presentare ad un determinato sportello dell’aeroporto di Bergamo. Ricordo che ho esclamato un woooooow lunghissimo dalla felicità e dall’eccitazione del momento, ma contemporaneamente sono rinsavita ed ho cominciato a tremare dalla paura leggendo che la data di partenza era fissata per l’indomani pomeriggio e bisogna assolutamente confermare in anticipo, anzi, ero già in ritardo! Come faccio ad essere pronta per partire con così poco preavviso? E che garanzie ho? Cosa dovrò fare? Cosa devo portare con me? Cosa mi aspetta? Ho i documenti in regola? Il passaporto è ancora valido? E mille altri dubbi!
Ho fatto un sospiro profondo per non farmi prendere dal panico, ho riletto tutto con attenzione, ci ho ragionato sopra, e poi ho inviato la mia conferma. Dopo pochi minuti è giunto un invito ad accettare una videochiamata su Skype. Tra me e me ho detto “ora si balla” nel senso che ormai mi ero messa in gioco e da professionista non potevo più tirarmi indietro. La videochiamata è arrivata ed io ho risposto. Sul video è apparso l’uomo che precedentemente avevo visto su Preferred411, la conversazione si è svolta in inglese, nessun problema linguistico per me, ho vissuto 10 anni a Londra. L’uomo si è presentato come Alex, di origine ucraine, ma stabile a Dubai per lavoro. Mi ha detto che si occupava di organizzazione di eventi e feste per dei facoltosi clienti a Dubai, e che tra i suoi incarichi c’era anche quello di reclutare escort di alto livello europee per delle feste private. Ha trovato il mio nome tramite l’hashtag FMTY su Twitter, è risalito al mio sito personale, dove ha trovato i miei recapiti e le mie foto, le ha sottoposte al suo cliente per approvazione, ed è stato incaricato di organizzare il mio trasferimento dall’Italia a Dubai. Mi ha assicurato che tutto era pronto, che non avrei dovuto sostenere nessuna spesa, ma che non ci sarebbe stata nessuna cauzione anticipata. In sostanza dovevo credere alla sua parola, cosa piuttosto difficile per una come me sempre guardinga e diffidente. Ha aggiunto che faceva questo genere di reclutamento almeno una volta al mese ed era una prassi normale. Alle mie perplessità e richieste di informazioni più dettagliate continuava a rispondere This is normal, why do you doubt?. Normale per lui ma non per me pensavo io. In ogni caso non c’era tempo per ulteriori tentennamenti, ho capito che non dovevo troppo tergiversare, la faccenda era prendere o lasciare. Ed ho detto OK.
Piccolo inconveniente, grande stupore
Credo di non essere mai stata così veloce a prepararmi un bagaglio, e considerato che si trattava di una permanenza all’estero di 15 giorni non poteva essere il classico trolley che uso per spostarmi una notte o un weekend. Ho pensato che Dubai è la capitale del lusso e dello shopping, e quindi ciò che nella fretta potevo dimenticare di mettere in valigia lo avrei sicuramente potuto acquistare sul posto. La notte l’agitazione mi ha letteralmente assalita, non facendomi chiudere occhio. Mi sono costruita un film di cosa sarebbe potuto capitare, di come avrei dovuto comportarmi, di cosa avrei dovuto fare, con chi avrei dovuto stare. Non riuscivo a controllare la mia immaginazione. Stavo facendo qualcosa che non avevo mai fatto prima, qualcosa che nemmeno avrei immaginato di fare. Col senno di poi capisco perché mi sentivo così impaurita, confusa, stordita. Sfido chiunque a trovarsi in questa condizione e restare calmi. Il mattino dopo ho caricato la valigia in auto ed ho raggiunto l’aeroporto di Bergamo. Fortunatamente nessun intoppo. Sembrava che tutto stesse filando liscio. Menomale, a me stazioni ferroviarie ed aeroporti mi mettono sempre ansia. Un po’ spaesata, ho trovato lo sportello dove mi era stato indicato di presentarmi, nessuna fila, nessuna persona, solo una sorridente hostess che mi ha chiesto di consegnarle il vaucher e bagagli dicendomi che purtroppo avrei dovuto attendere circa 40 minuti a causa del ritardo del volo, volo che non era indicato nè sul tabellone degli arrivi, nè su quello dei voli in partenza per Dubai. Ho chiesto alla hostess con quale compagnia avrei volato, lei mi rispose seriamente: “signorina, è un volo privato con un jet Gulfstream G650, sta arrivando da Zurigo“. Io ammutolita ho annuito con la testa, cercando di mascherare il mio stupore. In realtà ero rimasta di sasso! L’interlocutore Alex non mi aveva anticipato che il trasferimento dall’Italia a Dubai sarebbe avvenuto con un jet privato.
Benvenuta a bordo! Destinazione Dubai
Sbrigate le formalità di imbarco, con una procedura molto “easy” ho atteso finché un impeccabile steward in giacca e cravatta, chiaramente arabo, non si è affacciato nella saletta d’attesa e mi ha accompagnata fino alla scaletta del bellissimo jet. Ero eccitatissima, per me era la prima volta, avrei voluto scattare delle foto ma mi sembrava inopportuno. Dall’interno proveniva musica e voci femminili chiassose. Salita a bordo, lussuosi divanetti e grandi poltrone in pelle color avorio hanno colpito la mia attenzione, altrettanto quanto vedere che a bordo c’erano almeno altre dieci bellissime ragazze, come lo ero io dopotutto. Alcune vestite molto casual, altre in tailleur, un paio in tuta e scarpe da ginnastica. Un coro di “hello, hi, welcome, willkommen” quasi all’unisono mi ha accolta. Tutte le ragazze erano sorridenti ed anche un po’ gasate a mio avviso, forse l’effetto di qualche calice di bollicine che vedevo appoggiati qua e là nei tavolini. Ho preso posto, sono iniziate le presentazioni, le domande, e non mi ci è voluto molto a capire che eravamo praticamente tutte “colleghe”. Non più di mezzora dopo il comandante pilota del velivolo ha annunciato il decollo, destinazione diretta senza scalo Dubai.
In viaggio con le amiche “colleghe”
Durante il volo ho appreso che l’areo su cui stavo viaggiando era partito da Praga, dove aveva imbarcato le prime ragazze, facendo poi scalo a Monaco, Zurigo, e per finire a Bergamo. Io ero l’ultima passeggera da raccogliere prima del grande balzo verso gli Emirati Arabi. Il volo sarebbe durato circa 7 ore. Avevo tutto il tempo di approfondire l’amicizia con le altre ragazze e carpire le informazioni di cui ero affamata. In tutto eravamo 10 ragazze, di varie nazionalità, con caratteristiche piuttosto diverse, stranamente nessuna si assomigliava: colore dei capelli, taglio, corporatura del fisico, colore della carnagione, occhi, seno, altezza, eravamo tutte esteticamente diverse. Mi sono chiesta se era una coincidenza oppure una precisa scelta. Anche l’età era diversa, ed ho stimato, con intuito femminile, che io ero la più “anziana” del gruppo, ed anche la più “impaurita”, tutte le altre mi sembravano più disinvolte e disinibite, tranne Anna, la più tranquilla e taciturna. Ma forse le cose stavano esattamente al contrario: tutta quella apparente spavalderia era una maschera per esorcizzare l’ansia ed il nervosismo che ognuna di noi aveva dentro.
Confidenze e intimità a 10000 metri
Con il sopraggiungere dell’oscurità fuori degli oblò e dopo aver consumato una leggera cena preconfezionata, l’euforia generale si è spenta per lasciare il posto alle conversazioni più confidenziali. Quello che mi interessava più di ogni altra cosa era sapere se qualcuna del gruppo aveva già vissuto questa questa esperienza, per avere informazioni precise di cosa mi aspettava una volta arrivata a Dubai. Proprio Anna, la più riservata e taciturna mi disse che anche lei aveva chiesto la stessa cosa, e che Margaret e Melany erano le uniche due ragazze del gruppo ad essere già state a Dubai per questo genere di lavoro, quindi era su di loro che dovevo concentrarmi, peccato che Margaret e Melany erano diciamo “impegnate intimamente” nel divanetto di coda dell’aereo, e confesso che essendo bisessuale la cosa mi coinvolgeva parecchio. Con garbo mi sono avvicinata a loro, e sfiorando con delicatezza i loro capelli mentre si baciavano ho fatto intuire il mio apprezzamento verso ciò che stavano facendo, sicura di aggraziarmi e guadagnarmi la loro amicizia e fiducia. E così è stato. Non ci è voluto molto per essere coinvolta nel loro gioco saffico, complice anche lo champagne che tutte avevamo bevuto. Quando si dice “unire l’utile al dilettevole”. Ora potevo contare su due fonti di informazioni molto preziose, almeno per me, e questa cosa mi tranquillizzò, al punto da concedermi un paio d’ore di sonno, finalmente un breve relax dopo 24 ore di elevata tensione emotiva mista a pura adrenalina.
L’alba sul Golfo Persico
Il bagliore arancione fuori dagli oblò è stata la prima cosa che ho visto appena mi sono svegliata. Stavo assistendo all’alba del nuovo giorno sul Golfo Persico. Ho provato un brivido di freddo, l’aria condizionata dell’aereo mi dava fastidio, così ho indossato il mio giubbetto. C’era silenzio a bordo. Alcune ragazze, come me, guardavano fuori dal finestrino, altre stavano ancora dormendo raggomitolate al proprio posto. Il rumore di una macchinetta del caffè espresso ruppe quel silenzio, mi girai, era Margaret che stava preparandosi un caffè. Con gli occhi mi lanciò un invito a prenderne uno in sua compagnia. Cosa che feci con gran piacere, mentre il profumo di caffè invadeva tutto l’aereo, svegliando ad una ad una tutte le passeggere. Ricordo questo particolare momento del viaggio perché in qualche maniera mi sentivo nello stesso momento fiera ed orgogliosa di me stessa per essere in quel jet, ma anche spaventata e “venduta”, consapevole che non era un viaggio turistico, di quelli che facevo con il mio ex prima di iniziare la professione di escort. Una sensazione strana di tristezza e malinconia che ha pervaso il mio corpo ed il mio animo. Fortunatamente Angela, la più divertente e sbarazzina del gruppo, dopo aver dato il suo buongiorno in tedesco ha sparato subito una delle sue battute umoristiche (molto sporche) che ci ha fatto ridere tutte come delle pazze, mentre il comandante avvisava che stavamo per iniziare la discesa. L’annuncio della temperatura prevista al suolo di 36°, indusse Anna, la taciturna, a commentare: “Preparatevi all’inferno!“. Era chiaramente riferito al clima ma credo che dentro ognuna di noi quella frase minacciosa suonava come un messaggio ben più esteso e profondo. Mi sembrava di far parte di un plotone di soldatesse pronte alla loro mission, armate di tacchi, lingerie, e minigonne, ma io non mi sentivo addestrata per questo tipo di battaglia. Ero spaventata!
La fuga dall’inferno e lo stupore in Hotel
All’aeroporto di Dubai le pratiche di sbarco e relative formalità doganali si sono svolte con estrema “disinvoltura”. Un timbro sul passaporto che funge da visto e via. Un gateway riservato, e tre impeccabili steward arabi con pelle nera ed occhiali da sole neri che sembravano delle fotocopie uno dell’altro si sono presi cura di noi e dei nostri bagagli. Appena uscite dall’aeroporto l’impatto con l’inferno. Ed era mattina presto. Un caldo ed una umidità mai sperimentati prima. Sono bastati pochi minuti all’aperto sotto il sole per essere tutte completamente fradicie di sudore, con il trucco ed il mascara che ci colava dagli occhi.
Nei pressi dell’uscita c’erano 3 ragazze bionde vestite da poliziotto, ma con una divisa piuttosto sexy, sicuramente fuori ordinanza, ho chiesto a Margaret chi erano e mi ha risposto: “Sono prostitute russe, qui adescano i clienti appena scendono dall’aereo“. Io sono rimasta allibita ed in silenzio. Nel parcheggio le auto parcheggiate erano quasi foderate di biglietti da visita infilati nel finestrino del conducente, i bigliettini ritraevano foto di ragazze seminude con telefono e mappa, la voce di Margaret che aveva notato che stavo osservando quei biglietti disse: “Anche quelle sono prostitute, si fanno pubblicità in questo modo, ma sono tutte agenzie di escort“. Io ero frastornata, e quasi svenivo dal caldo.
Per fortuna tre luccicanti e lussuosi pulmini neri della Mercedes con vetri oscurati ci stavano attendendo con il motore acceso, due per le ragazze ed uno per i bagagli. Abbiamo preso posto all’interno con estremo piacere, l’abitacolo era refrigerato, aria condizionata a manetta, fin troppo, ma fuori era impossibile resistere. L’aeroporto è molto vicino al centro di Dubai, ed il mitico skyline della città apparve quasi subito dai finestrini. Una vista di grattaceli dalle forme impensabili e altissimi che fa davvero un grande effetto. La nostra destinazione? Non lo sapevo, ma per me qualunque hotel sarebbe stato perfetto visto che erano tutti bellissimi. Melany, la più esperta, con cui ho voluto salire, ha chiesto allo chauffeur in quale hotel stavamo dirigendoci, e alla risposta è seguito il “woooow” accompagnato del gesto simbolico del pugno chiuso di chi ha conquistato una vittoria: l’hotel che ci avrebbe ospitate era il massimo a cui potevamo aspirare, il Burj al-Arab, uno dei pochissimi hotel al mondo classificati a 7 stelle! L’avevo visto in foto più volte, ne avevo sentito parlare, ma trovarsi ai piedi di questa gigantesca vela architettonica provoca una sensazione straordinaria, e l’atrio ti lascia senza respiro, nel vero senso della parola. Mai mi sarei immaginata di essere ospite del Burj al-Arab. Ora non voglio entrare nei particolari di questo edificio straordinario e non voglio nemmeno trasformare questo mio diario in una guida turistica, ma vi assicuro che sono esperienze che lasciano il segno! Per 14 notti quella meraviglia architettonica ultra moderna sarebbe stata la nostra base, in due suite del 11° piano, cinque ragazze per suite, completamente spesate. L’hotel dispone di tutto, ma proprio tutto, bastava chiedere, proprio come la lampada di Aladino nel libro di mille e una notte. E noi le Principesse!
Il breafing: 10 comandamenti e tanta spensieratezza!
Dopo aver preso posto nelle nostre suite, sistemati i bagagli, fatta la doccia, cambio abito, ma soprattutto dopo un lussuoso lunch in uno dei tanti fantastici ristoranti dell’hotel, eravamo state convocate in una saletta privata per ricevere le istruzioni di cosa dovevamo fare. “E’ la prassi” diceva Melany che occupava la camera con me, mentre Margaret, l’altra esperta, era nella suite adiacente. Abbiamo capito che Melany e Margaret fungevano un po’ da capo squadra, erano il nostro riferimento, e la cosa non era casuale bensì organizzata. All’orario prestabilito, mentre noi eravamo già sedute nei divanetti della stanza privata con una vista straordinaria, si è presentato di persona Alex, il tipo che mi aveva contattata. Salutò con un bacio sulla guancia prima Margaret e Melany e poi con un mezzo inchino tutte le altre. Iniziò senza perdere tempo a dettare le condizioni a cui dovevamo attenerci scupolosamente:
- Regola numero 1: spegnere e consegnare tutti i cellulari e tablet.
- Regola numero 2: restare sempre assieme.
- Regola numero 3: essere sempre reperibili.
- Regola numero 4: obbedire alle istruzioni delle capo squadra.
- Regola numero 5: non baciarsi in pubblico e non indossare abiti troppo succinti durante il giorno.
- Regola numero 6: niente uso di alcoolici e droghe.
- Regola numero 7: mai chiedere regali, a nessuno.
- Regola numero 8: sottoporsi a visita medica fissata per il pomeriggio.
- Regola numero 9: fare shopping solo in uno specifico centro commerciale.
- Regola numero 10: essere pronte e perfette per la prima festa prevista dopo un paio di giorni.
Fino a quel momento eravamo libere di fare ed andare dove volevamo, spiaggia compresa. Gli autisti ed i mezzi di trasporto erano sempre a nostra disposizione. Alex consegnò due carte di credito particolari, una a Margaret e l’altra a Melany, e ci salutò, portando con se i nostri telefonini. Fortunatamente Margaret ci aveva avvisate che i telefoni sarebbero stati requisiti e quindi tutte ci eravamo organizzate avvisando i nostri contatti familiari e segnando i numeri più importanti. Tra l’altro a Dubai le chiamate e videochiamate tramite Whatsapp, Skype o Messenger non funzionano. Non appena restammo sole Melany esultò dicendo: “Ragazze, ora ci divertiamo davvero!” spiegandoci che potevamo fare tutto quello che ci passava per la testa: mangiare, bere, centro benessere, SPA, piscina, centro estetico, massaggi, manicure, uscire, visitare la città, andare a ballare, ma soprattutto shopping in stile Pretty Woman! Cosa potevo desiderare di più?
Esame di idoneità e rischio rientro anticipato
Di tutto il regolamento il punto 8 fu quello che mi lasciò più perplessa. Perché dovevamo fare la visita medica? Margaret e Melany ci spiegarono che le persone che avremmo incontrato alle feste privata erano quasi sicuramente tutti facoltosi imprenditori arabi o sceicchi, e che se qualcuna di noi fosse stata “scelta” per continuare la festa in modo “privato” il rapporto sessuale sarebbe stato di tipo “full natural“, cioè senza uso di preservativo. “Quel tipo di clienti vogliono farlo così, oppure niente” disse Margaret, e niente significa essere estromesse dal gruppo e da futuri reclutamenti. Il lato positivo era che anche i clienti erano attenti in modo scrupoloso e maniacale alla propria salute, sottoponendosi con frequenza a visite mediche specialistiche, e quindi i rapporti si potevano considerare “sicuri”, con l’unico rischio di rimanere incinta se non si faceva uso di anticoncezionali, la pillola per capirci. In sostanza, nessun obbligo di accettare di fare sesso, ma consapevoli che l’avventura del Medio Oriente sarebbe terminata al primo “no”. E a terminare non sarebbe stata solo l’avventura, nel senso di soggiorno, ma anche i guadagni, visto che un “si” significava almeno 5000 dollari per non più di un’ora. Nessuna di noi esitò, e nel pomeriggio gli autisti ci prelevarono e portarono in un laboratorio medico privato nel centro della città per effettuare tutte le necessarie verifiche mediche. Se qualcuna di noi fosse risultata “non idonea” le sarebbe stato consegnato un biglietto aereo per ritornarsene a casa immediatamente. Fortunatamente l’esito dei referti fu favorevole per tutte noi. Mi sarebbe dispiaciuto che qualcuna del gruppo dovesse abbandonarci, io mi trovavo bene con tutte, ma non tutte la pensavano come. C’erano infatti due ragazze che in modo evidente, per un motivo che ignoravo, non provavano simpatia reciproca, cosa piuttosto tipica in ambiente femminile.
La prima festa: Safari Sex nel Deserto
Potevo immaginare tutto, in quella avveniristica città quasi surreale piena di hotel da mille e una notte, dove al calar del sole il peccato e la trasgressione faceva capolino ad ogni angolo della strada trasformandola nella capitale della lussuria e dell’eccesso, però mai mi sarei aspettata che la nostra prima uscita per partecipare ad una “festa privata” richiedesse abbigliamento da safari, prontamente acquistato non appena i dettagli e la destinazione erano stati comunicati. La sorpresa e la incredulità fu presto superata visto che ci era stato detto “dovete essere pronte a tutto“, ed il cache di partecipazione era irrinunciabile: 2000$ solo per esserci, con la prospettiva quasi certa di sommare ingenti extra se eravamo di gradimento ai committenti. Nel tardo pomeriggio dei potenti fuoristrada bianchi tutti uguali ci prelevarono al nostro hotel, e come un convoglio militare si diressero fuori città, verso il deserto. Ad un certo punto ci siamo fermati, in una specie di oasi, dove ci fu servito da bere, frutta ed alcolici. Altri 5 fuoristrada ci raggiunsero e i partecipanti si unirono al rinfresco, erano quasi tutti uomini, europei ed americani, che cominciarono a guardarci con chiara libidine, noi consapevoli di essere le prede, e loro i cacciatori. Si percepiva nell’aria che l’euforia e l’eccitazione cresceva, causa anche degli alcolici. Eravamo al bordo del deserto. Gli alti edifici della città non si vedevano più all’orizzonte. Stop ai drink, si parte! Ci fu chiesto dall’autista di allacciarsi saldamente le cinture di sicurezza. La carovana di mezzi cominciò a correre ad altissima velocità nella sabbia del deserto, tra le dune, alzando nuvole di sabbia, con dei sobbalzi tremendi, affrontando pendii ed inclinazioni al limite della gravità, e con la giustificata paura di capotarsi da un momento all’altro. Erano fifa e adrenalina allo stato puro, ma divertente, forse incoscienza. Da uno o più degli altri mezzi sentivamo addirittura sparare, erano raffiche, la cosa mi spaventò e preoccupò, Margaret disse: “Sono gli americani, si divertono a sparare con i Kalashnikov, sono dei pazzi“, e lei sembrava divertirsi più di loro nel vedere le nostre facce stupefatte.
Dopo la folle corse tra le sabbie del deserto siamo arrivate in una specie di accampamento, l’autista lo chiamò “luxury camp“. C’erano già parcheggiati in modo sparpagliato almeno una decina di altri fuoristrada, un paio di camion, e dei cammelli. Era la nostra destinazione. A semicerchio erano disposte delle tende, al centro divani, enormi tappeti, grandi cuscini, tavoli apparecchiati, illuminazione, fuochi accesi. Tutto curato in ogni minimo dettaglio. La festa iniziò. Ho stimato che in tutto eravamo una sessantina di persone, tra uomini e ragazze, esclusi gli inservienti. Cibo a volontà, musica dal vivo, alcool di ogni tipo, balli orientali, forti profumi e sguardi intensi. Noi ragazze eravamo state istruite di non prendere nessuna iniziativa, solo essere gentili. Un cenno fatto con il capo era il segnale che l’uomo lanciava alla sua prescelta, a quel punto ci si appartava per un po’ dalla festa, sedendoci a dei tavoli all’aperto, per bere qualcosa in intimità, fare una sommaria presentazione di se stesse, ma soprattutto per concordare la prestazione, e dopo qualche minuto l’uomo si alzava, e se il “social” era stato di suo gradimento faceva un altro cenno con la testa di seguirlo nella sua tenda altrimenti senza dire una parola tornava alla festa. Era il motivo per cui eravamo tutte li, ad aspettare quel cenno. Le tende erano dotate di ogni confort, compresa doccia, asciugamani ed aria condizionata, al punto di non sembrare nemmeno essere tende ma suite di lusso. Quella notte fu lunghissima, tutte ricevettero il “cenno”, anche più volte. Io prima dell’alba ero entrata in tre tende diverse, due volte da sola e l’ultima assieme ad altre due ragazze, per una esperienza a quattro. Contesto bellissimo, sesso pessimo, brutale, egoista, sbrigativo, ma cachet da favola!
Overdose di lusso e lussuria
Durante quelle quattordici notti a Dubai, oltre ad aver visitato la città, frequentato i locali più esclusivi, le discoteche, le isole artificiali, le Dubai Fountain, il sistema di fontane danzanti più grande del mondo, giri in moto d’acqua, imbarcazioni e tutto il possibile che ci era concesso di fare, oltre ad uno shopping esagerato, ho partecipato ad altre tre feste private molto simili alla prima, ed altre più “normali”, in lussuosi hotel del centro di Dubai. Ho potuto provare il brivido di fare sesso con un vero sceicco arabo in una suite sottomarina dello splendido Relais Atlantide, ho fatto sesso vertiginoso in un appartamento privato con un panorama mozzafiato posto al 99° piano del Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo con i suoi 830 metri. Ho fatto sesso in un panfilo mega lussuoso. Non ha caso ho virgolettato la parola “normali”. In realtà sono esperienze che davvero pochi possono permettersi, a volte nemmeno immaginare. Nemmeno io avrei mai immaginato di avere la fortuna, il merito, il privilegio, o la semplice opportunità di fare queste esperienze che vanno senza ombria di dubbio oltre la “normalità”. Ma più i giorni passavano e più desideravo che il giorno del rientro arrivasse presto. Per qualche motivo mi sentivo più puttana del solito, più sporca, priva di valori. Avevo la sensazione di aver esagerato, un sensazione di colpa, e sebbene fossi letteralmente imbottita di banconote in contanti, addirittura oltre il limite consentito dalla legge per il rientro in patria, non ero felice. Avvertivo un forte presentimento negativo che come una cappa soffocava ogni gioia e spegneva ogni soddisfazione. Ne ho parlato con Margaret. Lei mi disse che si trattava di “una overdose di lusso e lussuria“.
Atto finale
Il giorno del rientro, quando ci hanno riconsegnati i nostri cellulari, eravamo tutte ansiose di accenderli e comunicare con amici e persone care. Alcune di noi esplodevano dalla voglia di far sapere quello che era successo, quello che avevano visto, come avevano vissuto quella straordinaria e fruttuosa vacanza di lavoro. Io nel mio cellulare ho trovato un triste messaggio, agghiacciante messaggio, proveniente da mio fratello. Mio padre era stato ricoverato d’urgenza in ospedale per la sua malattia, e non era sopravvissuto. Mio padre era l’unico uomo della mia vita, l’unico uomo che ho amato e che amavo, ed io ero altrettanto per lui. E seppi che chiedeva di vedermi sul letto di morte. Ma io ero irraggiungibile, a fare la prostituta nella città più falsa ed ipocrita del mondo. Non me lo perdonerò mai, per tutta la vita. Al rientro, dopo il funerale, ho fatto una grossa donazione in beneficienza all’associazione che si prendeva cura dei malati di quella malattia, forse per sentirmi meno in colpa, ma non è servito a placare il mio senso di colpa e vergogna, così ho deciso di appendere la lingerie al chiodo, terminando definitivamente la mia attività di escort. Ora gestisco un canile di cani abbandonati, mi sono rimessa con il mio ex, ho avuto un figlio, e sono ogni giorno più felice e serena.