Camminare, un atto di rivoluzione esistenziale fra campi, artisti e storie
olvitur ambulando, camminando si risolve. Chissà se Marina Abramovic e Ulay, prima di intraprendere i duemila chilometri che li avrebbero fatti incontrare lungo la Muraglia Cinese, si erano ispirati all’aforisma attribuito al filosofo greco Diogene di Sinope. Era il 3 giugno 1988 e dopo 90 giorni di cammino, lei partita dalle coste del Mar Giallo, lui dal deserto del Gobi, la coppia di artisti si incontrò per suggellare la fine del loro tempestoso e creativo rapporto professionale e d’amore. Durante quella performance, “The Lovers: The Great Wall Walk”, avevano pensato, sentito il rumore dei loro passi, mosso lo sguardo all’orizzonte, ascoltato i suoni del respiro e del vento, accettato la fatica, amato la solitudine. Trovato una soluzione. Camminare è un atto esistenziale: il buddhismo celebra i benefici della “meditazione camminata”, e «camminare» è uno dei verbi più amati da papa Francesco, che nella sua prima omelia, nel 2013, disse «la nostra vita è cammino e quando ci fermiamo qualcosa non va».
Non è forse la soluzione a ogni domanda o ricerca, ma di certo il camminare è benefico per il corpo, che riscopre il movimento, il respiro e il piacere di guardare oltre gli schermi e i muri, e per la mente, che si libera e concentra nello stesso tempo. Per questo i cammini italiani sono sempre più affollati e si moltiplicano i percorsi alternativi ai più celebri e frequentati (via Francigena in testa), spesso ricostruiti a partire da indizi nascosti fra le campagne, sui crinali dei monti, nelle strette strade di borghi quasi dimenticati.
È quello che è successo con l’Antica Trasversale Sicula, un cammino di 648 km riscostruito a partire dagli studi dell’archeologo Biagio Pace: lo scorso ottobre i primi camminatori hanno percorso la strada di origine greca che collega le antiche Mozia e Kamarina (i cui resti sono sull’isola di San Pantaleo e sulla foce del fiume Ippari). In Calabria, invece, grazie al lavoro congiunto delle associazioni Compagnia dei Cammini e Naturaliter, è stato identificato il Sentiero dell’Inglese: il percorso (per compierlo servono sette giorni) è quello che nel 1847 l’artista britannico Edward Lear compì nell’Aspromonte, a cavallo di un asino fra campi di bergamotto e fiumare, immortalando quei paesaggi in litografie raccolte nel suo “Il diario di un viaggio a piedi”.
In Abruzzo, invece, si sta cercando di riportare camminatori sulla Via Ad Salinas, l’antica rotta commerciale con cui dalla costa di Teramo si portava il prezioso sale nell’entroterra, fino a raggiungere il mar Tirreno. Già in molti (500 solo fra Pasqua e il 1° maggio) si avventurano sui monti e fra i borghi (si parte e si torna da quello di Sante Marie) al confine con il Lazio lungo il Sentiero dei Briganti, ricostruito dall’esperto di cammini Luca Gianotti sulle orme degli spostamenti della Banda di Cartore, negli anni Sessanta dell’Ottocento.