ATRI la storia inizia qui: dal prestigioso bar “TEATRO CAFFÈ 900 alla cultura preromana
l Teatro Comunale di Atri è una delle emergenze architettoniche che caratterizzano la piazza del Duomo di Atri. La sua facciata infatti fronteggia quella della cattedrale di Santa Maria Assunta. È un teatro di impianto neoclassico, a palchi sovrapposti, con pianta a forma di ferro di cavallo, tipologia diffusasi nell’Ottocento sul modello del Teatro alla Scala di Milano (XVIII secolo). In quell’epoca infatti si abbandonò l’esempio degli antichi nella costruzione dei teatri per diversi motivi: il cambiamento del tipo di spettacolo (l’introduzione dell’Opera per esempio); la possibilità di usare il teatro anche come sala per feste da ballo, casa da gioco, salotto; la possibilità di trarre vantaggio economico dall’affitto o dalla vendita dei palchi; nel bisogno di contenere un numero maggiore di spettatori in un luogo chiuso; le esigenze acustiche (per questo il “ferro di cavallo”). Il consolidamento della classe borghese diede la spinta a tutto questo. Ad Atri, dopo il 1848, il Canonico A. Mambelli, patriota mazziniano, fu il primo a interessarsi alla costruzione di un teatro. La costruzione di un teatro assumeva in quel momento storico una chiara funzione innovativa, sociale e politica: ciò è esemplificato dal contrasto che ci fu tra il popolo, favorevole all’opera, e i governanti, contrari. Il progetto risale al 1857 e fu redatto dall’ing. Niccolò Mezzucelli di Teramo. Si costituì un’apposita “Società del Teatro”, composta da proprietari terrieri che erano interessati al possesso di un palco nel futuro teatro. Dopo diverse vicissitudini, i lavori iniziarono nel 1872, sotto la direzione dell’arch. Francesco Consorti. Per far posto all’edificio teatrale fu demolito un vecchio fabbricato adibito a carcere. L’inaugurazione avvenne nel 1881. Il teatro contiene circa 300 posti e ha un interno di particolare pregio, tanto da essere conosciuto come la “bomboniera”. Un affresco di Giustino Di Giacomo caratterizza il soffitto: esso riproduce la musa Euterpe su un cavallo alato. Oggi vi si svolgono diverse rappresentazioni e numerosi eventi culturali. All’interno ospita uno storico bar dotato di un grande assortimento di paste e dolci, davvero eccezionale il cappuccino, personale gentile ed altamente qualificato, il gestore si chiama Marco, sempre disponibile con il pubblico. Noi di break magazine moda abbiamo scoperto questo bar/cafe, per caso e ne sono rimasta subito conquistata.
Storia di Atri
ATRI E LE SUE ORIGINI
Come scriveva Plinio, Atri è posta a sei miglia dal mare Adriatico, ed è forse una delle più antiche città d’Abruzzo; lo dimostra il fatto che le sue origini sono oggetto di discussioni spesso circondate da aloni leggendari. Tra le varie ipotesi la più accreditata è che Hatria, poi Hadria, fu luogo di origine illirico-sicula. Molti sostengono cha da essa prese il nome il mare Adriatico, su cui aveva un porto presso l’odierna foce del Matrinus (Vomano), tra Pineto e Roseto, che con Spina, Numana e Porto Trabbia, fu il primo dei quattro empori adriatici del mercato greco sin dal VI sec. a.C. C’è chi pensa che tale popolazione italica pervenne in Atri verso l’VIII sec. a.C., stabilendosi in grotte.
Tali grotte esistono ancora a sud della città e sono accessibili, destando interesse per le massicce colonne con archi, tanto da far pensare ad un tempio. Si potrebbe pensare che esse fossero abitate, perché si trovano in alcuni cunicoli rivestimenti di calce.
Secondo il Sorricchio, in Atri pervennero circa 2.600 anni fa, varie ondate dalla Dalmazia, tramite mare, che vi fondarono una colonia il lirico-sicula. Il culto del Dio Hadranus (Adrano), a cui era sacro il cane è rinvenibile nelle antiche monete ove è presente un cane accucciato, si può quindi ricollegare al Dio Hadranus il nome Hatria (Atri), e quindi Mare Adriatico, nonché Fano Adriano (Fanum Hadrani = tempio di Adrano).
Tito Livio, fa un attento paragone con gli etruschi, dal cui nome arcaico derivò il nome Tirreno, così fu per Atri con l’Adriatico. Così fu lo Jonio, in onore di Jone figlio del Dio Hadranus.
Dal IV secolo Atri, subì gli influssi dei Piceni, le cui tombe furono ritrovate sul finire del 1800 e gli inizi del 1900 sul Colle della Giustizia. Di questa scoperta ne parla il Brizio. Si tratta di tre tombe che danno prova della presenza di una colonia preromana. Ritornando alla storia di Atri, ricordiamo l’espansione umbro-picena con le capitali ad Atri ed Ascoli. Nelle ultime guerre sannitiche Atri intervenne in aiuto dei Romani e quindi entrò nel patto federale degli Stati Latini (284-264 a.C.)
PERIODO ROMANO
Unitasi a Roma, Atri ne seguì le sorti, conseguendo riconoscimenti. Nel 89 a.C. fu dichiarata Municipium e nel 27 a.C., Colonia Romana.
Secondo Aurelio Vittore, l’imperatore Elio Adriano sarebbe nato ad Atri, per cui oggi il corso principale è a lui intitolato. I resti dei monumenti del periodo romano sono moltissimi. Al centro della città moderna, nella cripta della Cattedrale è stata scoperta una piscina quadrangolare. La presenza delle Terme al disotto dell’altare della Cattedrale, resti di lastricato stradale tra S. Agostino e S. Francesco, la presenza di una cisterna al disotto del Palazzo Acquaviva, resti di antichi forni, ed infine, il teatro romano.
L’Ager Hatrianus si estendeva a Nord fino al fiume Vomano, a Sud fino al fiume Saline, mentre il confine occidentale coincideva con le pendici del Gran Sasso. Partecipò al fianco di Roma alla lotta contro i pirati che infestavano l’Adriatico, alla guerra illirica ed alla guerre puniche. Molto probabilmente Annibale, dopo aver saccheggiato tutto il Piceno, si accampò con le sue truppe nel ricco e fertile Ager Hatrianus per ritemprare i suoi soldati e curare i suoi animali. Atri rimase fedele a Roma, inviando soldati e vettovaglie anche quando la vittoria cartaginese sembrava vicina e per questo insieme a Signa, Norba, Saticola, Fregelle, Lucera, Venosa, Brindisi, Fermo, Rimini, Ponza, Pesto, Cosa, Benevento, Isernia, Spoleto, Piacenza e Cremona, fu inserita in un decreto del Senato romano che rendeva pubblici i nomi delle città cui Roma doveva la sua salvezza. Durante la Guerra Sociale Atri si schierò a fianco di Roma, anche perchè godeva del diritto di voto nei Comizi essendo iscritta nella tribù Mecia. Nel periodo imperiale la città continuò ad essere un centro importante dell’Italia centrale. Il declino di Roma travolse Atri e le invasioni barbariche ne segnarono la fine.
IL MEDIOEVO
Nel Basso Medioevo, patì un lungo periodo di decadenza e di abbandono testimoniato, tra le altre cose, dalla mancata comprensione tra le sedi episcopali erette nella zona, contrariamente alle vicine Teramo e Penne nelle quali le comunità cristiane si organizzarono forse già dal V secolo. Fino al XIII secolo si hanno scarse notizie della città la quale, sotto i Longobardi, faceva parte del Ducato di Spoleto e nel XII secolo era feudo principale dei Conti d’Apruzio.
In occasione delle lotte tra gli Svevi ed il Papato Atri, per prima tra le città del Regno, si schierò dalla parte guelfa. Per la fedeltà e disponibilità della città al servizio della Chiesa, nel 1251 Papa Innocenzo IV accordò ad Atri il diploma di istituzione della Diocesi e di autonomia comunale, con territorio corrispondente a quello dell’antico agro coloniale romano.
Al libero Comune fu riconosciuto il diritto di emanare statuti e di confermare quelli anteriori, oltre al riconoscimento della facoltà di avere un porto; i cittadini non potevano essere giudicati al di fuori del Comune, godevano di libertà e di immunità personali ed erano affrancati da doveri feudali. L’anno successivo la Diocesi di Atri fu unita “ad invicem” a quella di Penne.
L’atriano Francesco Ronci fu tra i seguaci più ardenti di Pietro da Morrone, eletto al Soglio Pontificio nel 1284 con il nome di Celestino V, divenendo per questo primo abate generale dell’ordine dei Celestini.
Intanto nel 1305 fu completata la costruzione della maestosa Cattedrale.
Nel 1352 il Parlamento Municipale, ad imitazione di Firenze, città guelfa per eccellenza, proclamò protettrice della città S. Reparata. Nuovi statuti ispirati agli ordinamenti fiorentini furono approvati nel pubblico generale parlamento del 1362.
IL DUCATO DEGLI ACQUAVIVA
La città di Atri, nel 1395, fu venduta per 35.000 ducati al Conte di S. Flaviano Antonio Acquaviva, con il quale iniziò il ducato di questa famiglia che si distinse in Italia nel periodo del Rinascimento e che durerà fino al 1760, anno in cui la città tornò sotto il dominio diretto del Regno di Napoli.
La famiglia Acquaviva, imparentata con gli Aragonesi, ebbe diciannove duchi.
Andrea Matteo Acquaviva nel 1507 si insediò sul trono ducale. Buon umanista e ricco mecenate si circondò di artisti e letterati come il Pontano ed il Sannazzaro, fondò una tipografia privata ai primordi dell’arte della stampa. In quel periodo tradusse i Morali di Plutarco; il Cantalicio cantò la sua ricca Biblioteca i cui stupendi codici miniati a lui dedicati si conservano oggi nella Hofbibliothek di Vienna. Nel 1521 cinse d’assedio Teramo che aveva acquistato dal demanio, ma essa gli resistette; la questione fu risolta nel 1530 da Carlo V che restituì a Teramo la libertà.
Un altro celebre Acquaviva fu il Cardinale Giulio il quale ebbe come “camarero” Michele Cervantes, l’autore del Don Chisciotte.
La Compagnia di Gesù ebbe un rilancio mondiale a seguito dell’opera di Claudio Acquaviva (1543-1615) il quale ricoprì la carica di Generale dei Gesuiti per ben trentacinque anni dal 1576 alla morte. Suo nipote Beato Rodolfo, anch’egli Gesuita, figlio del Duca Gian Gerolamo I e fratello del Cardinale Giulio e di Ottavio Acquaviva distintosi nella battaglia di Lepanto al seguito delle armate veneziane, morì martire nel 1583 in India.
Appartenne a questa illustre famiglia anche il Cardinale Troiano, cui Giambattista Vico dedicò La Scienza nuova nell’edizione del 1744.
Gli Acquaviva si estinsero con la morte nel 1757 della duchessa Isabella; Atri tornò sotto il dominio diretto del Regno di Napoli, seguendone le sorti fino al momento in cui entrò a fare parte del Regno d’Italia.
ATRI MODERNA E CONTEMPORANEA
Nel XIX sec., la città ebbe un nuovo impulso urbanistico con l’edificazione dei due principali edifici pubblici: il Teatro Comunale inaugurato nel 1881, ed il Palazzo della Città, ora sede del Tribunale, eretto nel 1882, entrambi in stile classicheggiante.
Sul principio di questo secolo venne fondato il Museo Capitolare, radunando tutte le opere artistiche presenti nel Duomo e nelle altre chiese della città e della Diocesi; arricchito poi da cospicue donazioni, costituisce ormai una meta d’obbligo per i visitatori.
Gli ultimi anni, hanno visto alla luce il Museo Etnografico, il Museo degli Strumenti musicali antichi e il Museo Archeologico.
La presenza di una splendida villa comunale di secolare natura rende speciale il paesaggio antico, immergendolo in un contesto all’insegna del relax e dell’arte.