Intervista Ilaria Vidaletti

Oggi con grande piacere ho intervistato Ilaria Vidaletti una donna piena di intuito e di capacità, il suo sguardo da fotografo va al di là di ciò che un uomo può afferrare con i suoi occhi, per molti è una visionaria, per altri un genio, un’illusionista capace di ingannare lo sguardo degli spettatori con un semplice scatto. Ho sempre sfidato le convenzioni e lo sguardo dell’osservatore dice durante la nostra intervista.  La sua tecnica fotografica è sopraffina luci e composizione sono praticamente impeccabili, i suoi soggetti sono elementi sempre in lotta con la propria esistenza. Capace di esplorare gli infiniti mondi della fotografia a volte esasperando la perfezione fino all’ossessioneIlaria non lascia nulla al caso.

Cominciamo con la prima domanda… Tu pensi che le tue foto viste da molti lettori riescono a cambiare qualcosa in ambito sociale?

Essere un fotografo è un grande privilegio umano, professionale e personale ma anche un grande dovere sociale. Se una mia fotografia è in grado di far riflettere, raccontare o ispirare, allora sì, potrebbe già poter generare un cambiamento.

 Qual è la tua missione di fotografo?

Quello che cerco di portare all’interno delle mie immagini è il senso di dignità, come integrità dell’essere umano perché trovo che sia il punto di partenza per raccontarne la bellezza.Siamo così disabituati al bello che decidere di raccontarlo è già di per sé una missione sociale contro l’apatia globale.

I tuoi soggetti sono coinvolti nel tuo lavoro?

Sì, credo che ne siano completamente coinvolti. Nella fotografia c’è uno scambio ambivalente e dualistico continuo in cui il soggetto a volte è un attore altre un ospite osservatore e viceversa, come nel riflesso di uno specchio. Un fotografo è sia fuori che dentro l’immagine e respira con il proprio soggetto, ne conosce le emozioni e le sa tradurre in un attimo di poesia.

Qual è la difficoltà di raccontare una storia attraverso uno scatto?

Non può esistere difficoltà e se c’è significa che hai sbagliato qualcosa in principio, con te stesso.La fotografia è una cosa intima, fluida e libera, meno vincoli ti imponi e più arrivi alla verità.

 

Secondo te, tutto ciò che compare in una foto sarebbe un’espressione – conscia o inconscia – di chi fotografa?

Entrambe le cose simultaneamente. La fotografia è un’esperienza intensa e tutto quello che sei traspare. La fotografia insegna che ti devi esercitare, devi leggere, studiare, osservare, ascoltare, analizzare e ribellare. Più sei preparato come essere umano e più i tuoi scatti saranno profondi. Nella fotografia, come nell’arte, arriva un momento in cui se hai lavorato bene su tutto ciò ogni segno esce inconsciamente e limpido. E’ come in qualsiasi altra disciplina, è la vita, più lavori sulla preparazione e più facilmente lascerai un segno.

 

Ci racconti di uno dei tuoi scatti preferiti e perché lo preferisci?

L’esposizione multipla in bianco e nero realizzata alla Casa Hendrik Christian Andersen di Roma è uno degli scatti a cui sono più legata. L’ho immaginato e sognato per così tanto tempo che quando ho avuto la possibilità di realizzarlo nei miei occhi era già tutto pronto, sapevo esattamente cosa volevo ottenere. Rappresenta l’inizio dei miei lavori in doppia esposizione ed è proiettato verso i miei reportage futuri.

In che modo un fotografo osserva il mondo? con quale occhi?

Un fotografo è un collezionista silenzioso che in punta di piedi si avvicina per guardarti dentro. Un fotografo non ha età, perde troppo spesso la cognizione del tempo.

Quando fai una ottimo scatto, te ne rendi conto subito?

Spesso sì, uno scatto è frutto di un pensiero unito ad un momento perfetto e brevissimo. Se lo sguardo e la luce sono magici si innesca un accordo che dà soddisfazione fin da subito.

Ci sono riconoscimenti importanti nella tua vita?

Sono stata premiata nel 2017 dal Parlamento europeo di Bruxelles come uno dei 5 giovani fotografi emergenti più meritevoli perché portatori di ideali e valori nuovi.

 

Quando e come ha scoperto la fotografia?

Uno dei miei primi giocattoli è stata una Fisher-Price 35 mm e intorno ai 7 anni una Polaroid, credo che sia più facile pensare che è con la fotografia che negli anni ho scoperto me stessa piuttosto che viceversa.

 

Cosa le piace fotografare?

Tutto ciò che è bello, sono attirata dall’equilibrio delle forme e dalla simmetria. Amo gli sguardi e la dignità dell’essere umano che viene svelata un attimo prima di provare un’emozione forte. Quello è il momento in cui scatto.

 

Ultima domanda il senso della vita?

Trovare ciò che ci fa sentire più vicini a noi stessi e in pace. Non è un pensiero egoista. Non c’è nulla che abbia più valore nel mondo oggi di un essere realizzato e soddisfatto, vale più di quanto si creda, è già di per sé uno strumento per l’evoluzione. Un essere in equilibrio è contagioso. Almeno quanto un fotografo ispirato 😉

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