ilenzio. Nel senso di assenza di parole. Ora parlano gli abiti, i ricami, i tessuti, le forme, il trucco, le acconciature, gli allestimenti. Non hanno potuto farlo a Shanghai il 23 novembre, lo fanno ora a Milano. Si è discusso molto della cancellazione della sfilata-kolossal che Dolce&Gabbana avevano preparato per mesi e che sarebbe stato il più grande evento mai organizzato in Cina dal marchio e dai suoi fondatori e direttori creativi, Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Sfilata annullata a causa di una tempesta mediatica nata sul web per via di tre video ritenuti poco rispettosi della cultura cinese che in poche ore hanno scatenato la furia cieca dei netizen cinesi e aperto un vulnus tra il marchio Dolce&Gabbana e la Cina. Vulnus culturale, ma potenzialmente anche economico (si vedano gli approfondimenti su questo stesso sito e gli articoli apparsi sui numeri del 22, 23 e 24 novembre del Sole 24 Ore). Già oggi la Cina è il primo mercato per ogni brand di alta gamma (per Dolce&Gabbana vale circa il 30% del fatturato) e, forse ancora più importante, è l’unico previsto in forte crescita nei prossimi anni.
Al ritorno in Italia, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, hanno postato un video di scuse sull’account Instagram del brand e sui social network cinesi (ricordiamo che ai cittadini cinesi non è consentito l’accesso a Facebook, Twitter e Google, solo per fare gli esempi più importanti).
fonte:sole24ore moda