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Va, infine, menzionato il rischio che gli stessi motori di ricerca abusinodel potere/dovere di cancellare alcuni
link
“sgraditi” (
150
) (dando vita a quella che è stata definita una sorta di “censura di mercato” (
151
)), o vicever-sa, si trovino obbligati ad effettuare una rimozione, pur in presenza di ri-chieste imprecise o capziose (presentate, cioè, omettendo di indicare ele-menti significativi per una corretta valutazione da parte dei
search engi- nes
) (
152
).Ed,ineffetti,ènaturalechiedersisedavvero«unsoggettoprivatoche però svolge, di fatto, sul
web
una funzione pubblica di natura para-co-
notebook
; dall’altra, documenti, video, foto,
blog, email
, cinguettii,
social network
vari, con-ti correnti, che le grandi aziende della rete gestiscono per un numero davvero sterminatodi utenti ». L’autore si chiede: « tutta questa “identità” digitale è ereditabile? … Per esem-pio, potrebbe non bastare l’esibizione del certificato di morte del congiunto nei confrontidei grandi
provider
del
web
per avere accesso alle informazioni … Una soluzione, tutta da studiare, è quella del “mandato
post mortem
”: affidando chiavi di accesso e istruzioni chia-re al fiduciario, possibilmente per iscritto, su cosa fare in caso di decesso: distruggere i da-ti in tutto o in parte o consegnarli a soggetti prescelti, ricordando però di aggiornare leistruzioni se si dovesse cambiare
password
. Ci sono dei siti – come, per esempio,
Legacy Locker, If I die, DeathSwitch, PassMyWill
e altri – a cui è possibile affidare il pacchettocompleto delle varie “chiavi”, e che a intervalli prestabiliti verificano l’esistenza in vita perpoi mandare via
mail
le coordinate a chi indichiamo. Ma che succede se chiudono all’im-provviso, come è capitato a
MyWebWill
? Insomma, il problema è complesso e merita diessere studiato e analizzato in punto di diritto ».(
150
) Ha fatto il giro del mondo, ad esempio, la polemica sorta, tra un noto giornalista della Bbc (Robert Peston) e Google, a séguito della decisione del motore di ricerca di elimi-nare dal suo archivio un “post” dell’editorialista, pubblicato nel 2007, col quale veniva aspra-mente criticato un banchiere di Wall Street (Stanley O’Neal). Anche in questo caso, il tenta-tivo di censura ha prodotto un inaspettato
Streisandeffect
. Ma, sull’argomento, cfr. le osserva-zioni di S.
Danna
,
Il diritto all’oblio (che non c’è)
, in
www.corriere.it
.(
151
) Così S.
Rodotà
,
Costituzioneperlarete
, in
www.eutopiamagazine.eu
, riferendosi alla possibilità che i motori di ricerca, « per evitare contestazioni e soprattutto richieste di risarci-mento di danni », possano di fatto « accogliere tutte le richieste di deindicizzazione ». Lo stu-dioso precisa, tuttavia, che quella or ora citata, « considerando le dinamiche generali in que-sto settore, sembra essere una preoccupazione eccessiva ». Sull’argomento, si rinvia a G.M.
Riccio
,
op. cit.
, in
Dir. inf.
, 2014, p. 764 ss. L’autore pone l’accento sul rischio che la presa diposizione della Corte di Giustizia, applicandosi solo ai motori di ricerca stabiliti all’internodell’Unione, possa « determinare un vantaggio competitivo per gli operatori extra-europei …che indicizzeranno un numero maggiore di informazioni e, essendo accessibili anche dal-l’Europa, potrebbero attrarre gli utilizzatori, a scapito dei loro concorrenti ».(
152
) Interessante appare, sotto questo profilo, la lettera rivolta da Peter Fleischer, re-sponsabile delle politiche sulla
privacy
di Google, ad Isabelle Falque-Pierrotin, presidentedell’Article 29
Working Party
, nella quale la rappresentante del motore di ricerca ha eviden-ziato: « in generale, dobbiamo fidarci di chi fa domanda di cancellazione dei
link
e non abbia-mo altro che la parola del richiedente … Alcune richieste si sono rivelate basate su dati falsi einaccurati ».194
CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA 1-2015
stituzionale, sia in grado di operare, in maniera neutrale, quel bilanciamen-to di interessi che viene teorizzato dalla Corte tra diritto alla
privacy
e dirit-to ad essere informati, valutando quando e a che condizioni l’esercizio deldiritto di cronaca deve prevalere sul diritto all’oblio» (
153
). Non a caso, for-se, Google ha creato un vero e proprio “Comitato consultivo per il dirittoall’oblio” ed ha elaborato, inoltre, un questionario rivolto a tutti i cittadini,dal titolo “Come dovrebbe essere bilanciato il diritto all’oblio di una perso-na con il diritto del pubblico di sapere?” (
154
).Sembrerebbero, comunque, condivisibili le riflessioni proposte da chi,evidenziando che «l’esigenza di bilanciamento … potrebbe, in teoria, esse-re efficacemente perseguita facendo leva sulla differenza, propria di
inter- net
, tra ricerca specifica della notizia e ricerca generica», optano per «una soluzione che, ferma restando la possibilità per chi nutre una curiosità spe-cifica alla notizia di ritrovarla cercandola direttamente sul sito sorgente (ecioè sul sito nel quale essa è istituzionalmente, o comunque originaria-mente, pubblicata), impedisca che la notizia sia offerta a chiunque cerca in-formazioni generiche sul protagonista della stessa» (
155
).Come già accennato, è presto per sapere quale sarà la fisionomia del
ri- ght of oblivion
negli ordinamenti del Vecchio Continente, ma non si puònegare che quest’ultimo sembra voler proseguire nella direzione di una maggiore tutela dei diritti dell’uomo, anche a discapito di chi esercita im-portanti attività economiche (in questo caso, delle società che gestiscono imotori di ricerca su
internet
).Ed è soprattutto alla Corte di Giustizia che va nuovamente riconosciu-to il merito di voler continuare a sdoganare l’Unione europea da una con-notazione esasperatamente produttivistica, anche con pronunce (comequelle in commento) non del tutto lineari o condivisibili, ma apprezzabiliper il tentativo di garantire un elevato livello di protezione agli interessi in- violabili della persona (e non solo del c.d.
homo oeconomicus
) (
156
).
(
153
) O.
Pollicino
,
Il diritto all’oblio…
, cit., il quale conclude interrogandosi sull’oppor-tunità di immaginare che tale bilanciamento « debba spettare esclusivamente ad autorità giu-risdizionale o, al massimo, ad autorità amministrativa indipendente ». Sull’argomento, cfr.anche S.
Sica
e V.
D’Antonio
,
op.cit.
, in
Dir.inf.
, 2014, p. 720 ss., i quali parlano di « un ruolo“ibrido” del gestore dei motori di ricerca ».(
154
) Il formulario è reperibile sul sito
www.google.com/intl/IT_all/advisorycouncil/
.(
155
) Così R.
Pardolesi
e F.
Di Ciommo
,
op. cit.
, p. 710. Per un interessante approfondi-mento sul tema, v. A.
Mantelero
,
Il futuro regolamento EU
…, cit., p. 681 ss.(
156
) Potrebbe essere utile richiamare una serie di recenti sentenze della Corte di Giusti-zia (molte delle quali citate da M.
Trimarchi
,
Laproprietà:profiligenerali
, in C.
Castronovo
e S.
Mazzamuto
(a cura di),
Manuale di diritto privato europeo
, vol. II, Milano, 2007, p. 3 ss.)orientate ad accordare all’ordinamento giuridico dell’Unione europea una inconfutabile
SAGGI
195
Come ha scritto un grande studioso ed esperto del settore, la sentenza dello scorso maggio ha indubbiamente il merito di aver sancito che «l’inte-resse economico di Google, e in generale dei motori di ricerca, non puòprevalere su un diritto fondamentale che la Carta dei diritti colloca nella parte dedicata alla dignità della persona» (
157
).Certamente, dunque, “
privacy
batte
marketing
” (
158
).
apertura verso i diritti fondamentali, anche sociali (che pare debbano, oggi, senza dubbio pre- valere sugli interessi economici o di mercato).(
157
) S.
Rodotà
,
Costituzioneperlarete
, cit. Secondo il componente della
Convention
chesi occupò della redazione della Carta di Nizza, « proprio per la sua radicalità, la sentenza ri-guardante Google si è attirata diverse critiche. L’argomento del pregiudizio per il mercato,tuttavia, trascura la nuova gerarchia istituita tra diritti fondamentali e interessi economici. Ilmercato non può essere considerato come una sorta di legge naturale, che prevale su ogni al-tra ».(
158
) L’espressione è di G.
Milizia
,
op. cit.
, p. 1